Rispettare la fila

Belle immagini di una cosa che facciamo in tutto il mondo (gli inglesi più accuratamente, va bene) per le ragioni più varie, disegnando creazioni artistiche involontarie

<> on January 8, 2012 in Adelaide, Australia. Surrealist artist, Andrew Baines recruited 100 volunteers for this human installation, meant to illustrate corporate workers enjoying nature rather than waiting in a long queue for a trip to work.
<> on January 8, 2012 in Adelaide, Australia. Surrealist artist, Andrew Baines recruited 100 volunteers for this human installation, meant to illustrate corporate workers enjoying nature rather than waiting in a long queue for a trip to work.

Raccontano che tra i criteri di progettazione dei padiglioni dell’Expo milanese del 2015 ci sia soprattutto l’attenzione ai flussi dei visitatori, che si immaginano imponenti: all’Expo recente di Shanghai le persone aspettavano anche molte ore per poterli visitare, ma si teme che gli europei non siano stati abbastanza abituati dai loro regimi democratici a obbedire disciplinatamente a tanta richiesta di sacrificio, e quindi accessi e gestione degli spazi saranno importantissimi.

Poi ci diciamo sempre quella cosa di come sono disciplinati nelle code i cittadini britannici e quelli di altri “civilissimi” paesi nordeuropei. Però alle file irregimentate sono stati abituati anche gli abitanti di paesi storicamente più “disordinati”, negli ultimi decenni, per le occasioni più diverse e con impressioni alterne. Quando vediamo grandi file per votare in democrazie giovani ci sembrano una buona notizia, quando le vediamo da noi ci pensiamo disorganizzati. Ma la costruzione di allineamenti umani è in ogni caso un effetto teatrale e “artistico” spettacolare (soprattutto se non ci siete dentro, e non state aspettando di visitare la torre Eiffel con i bambini al freddo di gennaio), che produce riflessioni consuete ma sempre valide sulle similitudini in questo mondo, e sulle differenze.