Silk Road, il sito dove si vendono cose illegali

Soprattutto droga, ma anche altro: lo racconta Riccardo Luna su Repubblica

“Silk Road” è un sito internet nascosto e difficilmente raggiungibile su cui si praticano affari criminali. Negli Stati Uniti è stato raccontato soprattutto da un articolo dell’anno scorso sul giornale online Gawker, e ha una sua voce su Wikipedia. Oggi Riccardo Luna ha raccontato su Repubblica di averlo visitato.

È stato un amico, che frequenta un giro di hacker, a darmi la dritta giusta: “Lo sai che esiste un’altra Internet?”. Il pensiero è andato subito alle recenti rivoluzioni in Egitto e in Tunisia e al 2009 della rivolta degli iraniani sedata nel sangue: già allora si parlava di una rete parallela dove gli attivisti potevano comunicare senza essere intercettati dalle forze di polizia. È fondamentale, questa Internet parallela, perché essere individuati vuol dire essere torturati e uccisi. Per questo lo scorso giugno l’amministrazione Obama ha deciso di finanziare con due milioni di dollari un progetto chiamato “Internet in a suitcase”, una rete parallela a disposizione dei dissidenti di tutto il mondo. “No, non parlo di quelle cose lì. Parlo del paradiso del commercio di droga. Di tutte le droghe che esistono. E della pornografia infantile, purtroppo. Roba forte, immagini terribili di bambini, meglio se non le vedi. Fidati di me. Ma se proprio vuoi andarci, almeno apriti una e-mail finta e ti spiego come fare”.
Farsi una e-mail finta è il minimo. La vera cosa da fare per navigare l’altra Internet è installare sul proprio computer Tor: un software gratuito che consente l’accesso a una rete parallela, impossibile da sorvegliare. Inizialmente fu sviluppato, a partire dal 1995, come un progetto della Marina degli Stati Uniti per impedire che le conversazioni governative fossero intercettate dal nemico. Con questa protezione nessuno può sapere chi sta parlando con chi. Le reti di questo tipo si chiamano “reti a cipolla”, onion routing, infatti il simbolo di Tor è una cipolla. E molti siti di questo universo parallelo invece di finire con il suffisso punto it o punto com, hanno il punto onion.
Il progetto Tor è tutt’altro che velleitario: nel 2004 è stato finanziato dalla Electronic Frontier Foundation, uno dei baluardi della libertà sul web; nel 2007 da Human Rights Watch; e persino da Google dal 2007 al 2011. Quest’anno, accanto a una misteriosa organizzazione non governativa americana che ha donato oltre un milione di dollari, il sostenitore più importante è la BBG, Broadcasting Board of Governors, agenzia federale che rappresenta emittenti come Radio Free Europe, Voice of America, Office of Cuba Broadcasting. Insomma, dietro Tor non c’è una gang di terroristi. Perché Tor è uno strumento per diventare invisibili: lo puoi usare per la libertà. Oppure per vendere cocaina e bombe.
L’installazione del software dura pochi secondi. Quando termina, sulla barra di navigazione del computer compare una cipolla stilizzata. Inserito l’indirizzo giusto (se non lo hai non c’è alcun luogo dove tu possa andare), dopo un laborioso processo di registrazione si arriva su Silk Road, che si definisce “anonymous marketplace”. Qui il simbolo è un beduino di spalle che cavalca un cammello. Ed entrando si capisce subito che il piatto forte del sito non è la seta, ma la droga. Sembra di stare su Amazon o qualunque altro sito di commercio elettronico: solo che al posto dei libri e dei dischi, ci sono le foto di vari tipi di droga. Hashish, coca, eroina. L’articolo più venduto è Mdma, più nota come ecstasy. Il fatto che Mdma sia un bestseller non è una supposizione di chi naviga, ma una notizia, perché c’è una classifica dei prodotti più venduti. Proprio come accade su iTunes. Allo stesso modo chi compra può fare una recensione del prodotto, “davvero fantastica quella roba!”, e dare un punteggio al venditore, “ve lo consiglio, è uno spacciatore coi fiocchi”.

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