Chi era Cesare Lombroso

E perché no, non aveva ragione, battute a parte

A Torino davanti al parco del Valentino c’è un edificio austero, il Palazzo degli Istituti Anatomici dell’Università, che tra le altre cose ospita il Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso”. Fu inaugurato alla fine del 2009 e ci furono nei mesi seguenti molte polemiche in città per il timore che si potessero nuovamente diffondere idee e teorie ormai superate, sviluppate nell’Ottocento da Lombroso e legate alla fisiognomica e alla frenologia. Fu chiarito che il museo sarebbe servito, invece, per raccontare e documentare un sistema scientifico oggi superato e la cosa rientrò.

In questi giorni Lombroso è intanto nuovamente chiamato in causa e ampiamente citato, specialmente sui social network, in seguito alla diffusione delle fotografie di alcuni dei protagonisti del caso giudiziario che sta interessando la Lega Nord, il suo tesoriere Francesco Belsito e il leader del partito, Umberto Bossi. Spesso un po’ troppo sbrigativamente, citando il titolo di una popolare rubrica umoristica del mensile a fumetti Eureka, “Lombroso aveva ragione”.

Marco Ezechia Lombroso, che successivamente cambiò il proprio nome in Cesare, nacque a Verona il 6 novembre del 1835. Studiò medicina presso le Università di Pavia, Padova e Vienna e prestò servizio come medico militare nel corso della campagna contro il brigantaggio negli anni del processo di unificazione dell’Italia. A Pavia lavorò presso la clinica di psichiatria e di antropologia, svolgendo ricerche sulla pellagra (malattia dovuta alla carenza o al mancato assorbimento di vitamine del gruppo B) e sul cretinismo (carenza ormonale congenita che può causare sordomutismo, nanismo e crescita irregolare delle articolazioni). Lombroso fu anche direttore del manicomio di Pesaro e successivamente divenne ordinario di medicina legale nel carcere di Torino, dove approfondì i propri studi sui detenuti per le proprie teorie sulla delinquenza.

Per definire il pensiero di Cesare Lombroso e le sue teorie viene solitamente riportata una sua famosa frase:

Il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell’umanità primitiva e degli animali inferiori.

Nel 1876 Lombroso pubblicò “L’uomo delinquente”, lavoro di ricerca che lo rese famoso in ambito accademico internazionale come uno dei pionieri dell’antropologia criminale. Lombroso ebbe l’opportunità di analizzare i cadaveri di molti briganti uccisi nell’Italia meridionale e portati in Piemonte, studiando la dimensione e la forma del loro cranio. Arrivò così alla conclusione che alcuni tratti somatici riportassero indietro fino all’uomo primitivo. Nei suoi studi scrisse che i criminali erano portatori di tratti ereditari e di tipo anti-sociale fin dalla nascita. Creò così una pseudoscienza, oggi ritenuta infondata, che si rifaceva alla frenologia, altra dottrina pseudoscientifica secondo cui le funzioni psichiche di ogni individuo dipenderebbero da particolari aree del cervello e dalla conformazione del cranio.

Gli studi portarono Lombroso a trarre diverse conclusioni, anche estreme. Poiché secondo le sue teorie un criminale era tale in virtù della sua conformazione fisica, per sua natura, era impossibile riabilitarlo e renderlo “innocuo” per la società. Le uniche alternative possibili erano quindi un approccio clinico-terapeutico e in particolari casi la pena di morte. Le ricerche dei lombrosiani portarono anche alla identificazione di alcune specifiche categorie di delinquenti: quelli occasionali, che trasgredivano per caso la legge; quelli d’abitudine, che iniziavano come occasionali e andavano incontro a numerose recidive e i latenti, cioè coloro che non avevano ancora avuto l’occasione di delinquere. C’era poi la categoria dei delinquenti per passione, coloro che commettevano crimini per scopi altruistici e che spesso ripiegavano sul suicidio.

Grazie all’istruzione, spiegava Lombroso, era possibile ridurre i reati di sangue, cosa che comportava però una maggiore incidenza delle truffe e dei reati di tipo sessuale. In questa visione, la religione non aveva invece alcuna influenza sui comportamenti criminali. Alcolismo, pellagra, scorbuto e altre condizioni dovute alla povertà avrebbero invece avuto una certa influenza sui gesti criminali.

Nel corso della propria carriera accademica, Lombroso produsse una enorme quantità di studi, ricerche e analisi sul comportamento criminale e sul suo legame con particolari caratteristiche fisiche degli individui. Ebbe il merito di stimolare altri ricercatori a occuparsi della criminologia in ottica moderna, anche se per quanto riguarda i propri lavori non riuscì a dimostrare adeguatamente le proprie ipotesi e a rendersi conto di diversi gravi errori legati all’impostazione dei propri studi, nonostante il lavoro scientifico di Lombroso fosse ricco di analisi approfondite e valide. È bene comunque ricordare che ormai è dimostrato che sia le condizioni ambientali che i geni influiscono sull’aspetto fisico di un individuo, ma che questo non ha alcuna influenza diretta sul comportamento.