Il capo di Amazon ha trovato i motori dell’Apollo 11

Jeff Bezos ha individuato il punto dove si inabissarono nell'Atlantico quasi 43 anni fa, dopo la partenza della missione per la Luna, e vuole andarli a prendere

La prima spedizione verso la Luna nell’estate del 1969 fu un successo, non solo per le capacità e il coraggio dell’equipaggio a bordo dell’Apollo 11, ma anche per i grandi progressi tecnici che la NASA riuscì a raggiungere in poco tempo. Tra i tanti, fu fondamentale la messa a punto del motore a razzo (endoreattore) F1, a oggi ancora uno dei più potenti mai costruiti, che permise di vincere la forza di gravità terrestre e portare fuori dall’atmosfera l’enorme razzo lunare Saturno V, alto quanto un palazzo di 36 piani (110,6 metri). Il motore fu progettato da una squadra di lavoro con a capo l’ingegnere Wernher von Braun, considerato uno dei principali artefici del programma spaziale americano e un grandissimo esperto nel campo missilistico. Ne furono utilizzati cinque, di F1, per far partire in verticale il Saturno V la mattina del 16 luglio del 1969: lavorarono a pieno regime per qualche minuto, sviluppando una potenza di 32 milioni di cavalli vapore, per precipitare poi nell’oceano Atlantico una volta terminato il loro incarico.

Da quasi 43 anni gli F1 che fecero partire l’Apollo 11 si trovano sui fondali oceanici, ma potrebbero presto tornare in superficie grazie al CEO di Amazon Jeff Bezos, che ha da poco annunciato di aver identificato il punto dove si tuffarono nell’Atlantico dopo il lancio.

Spiega Bezos sul suo sito personale Bezos Expeditions, che raccoglie le iniziative portate avanti dalla sua organizzazione:

Sono felice di annunciare che, utilizzando i sistemi sonar più moderni, un mio gruppo di lavoro ha trovato i motori dell’Apollo 11 a circa 4200 metri di profondità sotto la superficie dell’oceano, e che stiamo progettando di riportarne almeno uno a galla dal fondale oceanico. Non sappiamo ancora in quali condizioni possano essere questi motori: impattarono contro le acque dell’oceano a grande velocità e sono rimasti sommersi nell’acqua salata per più di 40 anni. Ma, dopotutto, sono fatti di materiale molto resistente, quindi staremo a vedere.

Bezos racconta che al momento della partenza del Saturno V aveva appena cinque anni, ma che serba un distinto ricordo di che cosa accadde in quei giorni che portarono per la prima volta l’uomo sulla Luna. Vide il lancio e il resto delle operazioni in televisione e ne rimase profondamente colpito, cosa che contribuì a far nascere in lui la passione per la scienza e le esplorazioni. Un anno fa iniziò a chiedersi se non fosse possibile scoprire il punto esatto in cui si trovano gli F1 e magari riportarli in superficie.

Wernher von Braun accanto agli F-1 montati sul Saturno V

Se l’operazione avrà successo, Bezos non potrà comunque tenere per sé il motore o i motori che riuscirà a recuperare. Anche se sono passati così tanti anni e l’area dell’Atlantico in cui sono precipitati non appartiene a nessuno, gli F1 rimangono di proprietà della NASA e solo l’ente spaziale statunitense potrà decidere che farne. Sulla vicenda i dirigenti dell’organizzazione non hanno ancora deciso nulla, ma nel suo breve comunicato Bezos immagina che la NASA potrebbe esporre un F1 allo Smithsonian National Air and Space Museum di Washington, dove sono conservati molti altri reperti legati alla conquista dello Spazio. Il CEO di Amazon vorrebbe comunque che un F1 sia portato a Seattle, dove ha sede la sua società, e donato al Museo del Volo locale.

Il progetto di recupero è ancora ai primi stadi e manca un calendario preciso sull’avvio delle operazioni. Ogni motore pesa più di 8.300 chilogrammi, è alto 5,79 metri per 3,76 metri di larghezza, dunque per riportarlo a galla serviranno molte risorse, anche finanziarie. Bezos assicura comunque che l’operazione sarà completamente privata e che non costerà un centesimo di dollaro ai contribuenti statunitensi, nemmeno per la parte che riguarda la NASA.