Gli accordi sulle riforme in 8 punti

Come cambieranno il Parlamento, il governo e la legge elettorale, a fidarsi di quanto deciso ieri da Alfano, Bersani e Casini

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
10-11-2011 Roma
Politica
Camera - Presentazione del volume La prima politica e' vivere di Maurizio Lupi
Nella foto: Pierluigi Bersani, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Maurizio Lupi, Angelino Alfano
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
10-11-2011 Roma
Politics
Chamber of Deputies - Maurizio Lupi debuting his book
In the picture: Pierluigi Bersani, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Maurizio Lupi, Angelino Alfano
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 10-11-2011 Roma Politica Camera - Presentazione del volume La prima politica e' vivere di Maurizio Lupi Nella foto: Pierluigi Bersani, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Maurizio Lupi, Angelino Alfano Photo Mauro Scrobogna /LaPresse 10-11-2011 Roma Politics Chamber of Deputies - Maurizio Lupi debuting his book In the picture: Pierluigi Bersani, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Maurizio Lupi, Angelino Alfano

A un mese dagli ultimi incontri per parlare di legge elettorale e di riforme istituzionali, ieri Alfano, Bersani e Casini si sono nuovamente incontrati e hanno detto di avere raggiunto un accordo sulle riforme da approvare da qui alla fine della legislatura. Da qualche giorno circolavano timori e inviti a prendere subito un’iniziativa, perché ci siano i tempi tecnici per varare le riforme entro la primavera del 2013. Oltre ai leader dei tre partiti, all’incontro di ieri hanno partecipato anche Gaetano Quagliariello, Ignazio La Russa, Luciano Violante, Ferdinando Adornato e Italo Bocchino. E alla fine l’accordo sarebbe stato raggiunto sui punti seguenti: anche questi da prendere con molta cautela e molte molle, perché poche discussioni in questi anni si sono rivelate inconcludenti quanto quelle su riforme istituzionali e legge elettorale, ma comunque da registrare perché indice quanto meno della sintonia verbale dei tre principali partiti italiani.

Le riforme istituzionali

– Riduzione dei parlamentari
La Camera passerà da 630 a 500 deputati, il Senato da 315 a 250 senatori. Gli italiani all’estero eleggeranno 12 parlamentari.

– Fine del bicameralismo perfetto
Per essere precisi la bozza parla di “avvio del superamento del bicameralismo perfetto”, quindi raddoppiate le cautele. Parliamo della regola per cui le due camere hanno identici poteri e, perché sia approvata, una legge deve essere votata nella stessa forma da entrambe le camere. Stando alla bozza di accordo, Camera e Senato assumeranno funzioni legislative diverse: le leggi verranno approvate da una sola camera e l’altra potrà esprimersi solo se lo richiedano, entro 15 giorni, almeno il 30 per cento dei suoi membri. Solo la Camera avrà il potere di dare e togliere la fiducia al governo.

– Poteri del presidente del Consiglio
Il presidente del Consiglio potrà nominare i ministri – oggi lo fa il presidente della Repubblica, su sua proposta – e revocarli, nonché chiedere al presidente della Repubblica di sciogliere la Camera: la richiesta potrà essere bloccata da un voto di sfiducia (costruttiva). Il governo potrà chiedere al Parlamento di dare priorità alla discussione su un determinato disegno di legge e dare una scadenza temporale entro la quale dovrebbe essere votato. Sarà introdotta la sfiducia costruttiva: non si potrà votare la sfiducia al governo senza concedere contestualmente la fiducia a un nuovo governo.

– Elettorato attivo e passivo
Si potrà essere eletti alla Camera a 21 anni e non più a 25 anni, si potrà essere eletti al Senato a 35 anni e non più a 40. Si potrà votare per il Senato a 18 anni, così come per la Camera.

La legge elettorale
Gli appassionati del genere la definiscono una legge sul modello “tedesco-spagnolo”, in quanto raccoglie elementi di entrambi i sistemi. Il funzionamento rimane tendenzialmente proporzionale, come nell’attuale sistema, ma con alcune significative modifiche.

– Collegi uninominali
Metà dei deputati saranno eletti in collegi uninominali, dove cioè ogni lista o partito presenta un singolo candidato: questo restituirà agli elettori la possibilità di scegliere direttamente il proprio rappresentante. Questa è la parte “tedesca” del sistema. La parte “spagnola” è quella relativa all’altra metà dei deputati, che saranno eletti con metodo proporzionale in collegi molto piccoli su liste bloccate.

– Coalizioni
I partiti non sono obbligati ad allearsi in coalizione prima del voto, ma dovranno comunicare il loro candidato premier, che sarà indicato sulla scheda. La conseguenza, come spiegava ieri Claudio Cerasa sul Foglio, è che le alleanze si potranno definire dopo le elezioni, sulla base dei risultati elettorali, e che il presidente del Consiglio sarà con ogni probabilità il leader del partito più votato. Diventano inoltre inutili le primarie di coalizione: chi vorrà farle, dovrà farle di partito. Si è detto che queste norme rafforzano il centro, che potrà scegliere volta per volta se allearsi con il centrodestra o con il centrosinistra qualora i suoi voti risultassero decisivi. Ma anche la destra e la sinistra potranno correre con dei loro candidati e puntare sulle loro proposte, senza essere costretti ad accettare accordi che li vedano partire in minoranza.

– Premio di maggioranza
Gli attuali premi, nazionale alla Camera e regionale al Senato, vengono cancellati. Viene introdotto invece alla Camera un cosiddetto “mini premio” da 36 seggi per il primo partito, e secondo Repubblica “fra i partiti è in discussione anche l’ipotesi di assegnare un mini premio alla formazione che arriva seconda”.

– Sbarramento e diritto di tribuna
Ci sarà una soglia di sbarramento, non è ancora stato deciso se al 4 o al 5 per cento: i partiti che non raggiungeranno la soglia non parteciperanno alla ripartizione dei seggi. Con collegi molto piccoli, però, anche formazioni poco rilevanti dal punto di vista nazionale potranno eleggere dei parlamentari nei luoghi in cui sono più forti e radicate. I partiti più piccoli potranno eleggere dei parlamentari aggirando lo sbarramento col cosiddetto “diritto di tribuna”, cioè l’ospitalità nelle liste dei partiti maggiori.

– Stefano Menichini: Una sconfitta ormai inevitabile
– Pippo Civati: Paura, eh?

foto: Mauro Scrobogna /LaPresse