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  • Lunedì 26 marzo 2012

L’ultimo reattore nucleare in Giappone

Dopo il disastro a Fukushima, nel paese sono stati chiusi 53 reattori su 54, che producevano un terzo dell'energia consumata dai giapponesi

(KAZUHIRO NOGI/AFP/Getty Images)
(KAZUHIRO NOGI/AFP/Getty Images)

Oggi il Giappone ha chiuso il penultimo reattore nucleare ancora attivo nel paese, quello della centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, nella prefettura di Niiagata. La TEPCO (Tokyo Electric Power Co), l’azienda che gestisce la centrale (la stessa dell’impianto nucleare di Fukushima), ha dichiarato che il reattore è stato chiuso per “manutenzione”. Ora il Giappone, dopo il terremoto dell’11 marzo del 2011 e il disastro di Fukushima, ha un solo reattore nucleare attivo dei 54 presenti sul suo territorio dopo la decisione del governo di chiuderli, almeno temporaneamente, per questioni di sicurezza e manutenzione. L’unico attivo è il reattore numero 3 della centrale nucleare di Tomari, sull’isola di Hokkaido, al nord del Giappone. Anche quest’ultimo reattore, tuttavia, sarà chiuso “per manutenzione” il prossimo 5 maggio, come ha annunciato oggi la Hokkaido Electric Power Co., l’azienda che lo gestisce.

Fonte: Wall Street Journal

Non è ancora chiaro se e quando verranno riattivati i reattori nucleari in Giappone. Il governo vorrebbe farlo al più presto e per questo pubblicherà entro l’estate (ma accelerando i tempi forse sarà in aprile) le nuove misure di sicurezza per le prefetture e le amministrazioni locali che ospitano sul proprio territorio una centrale nucleare. Queste dovrebbero finalmente rispettare le linee guida dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA): mentre prima il Giappone prevedeva un’area di evacuazione con un raggio pari a circa 10 chilometri intorno al luogo del potenziale incidente nucleare, le nuove misure prevedono l’identificazione di due diverse aree di sicurezza. Ci sarà una zona di evacuazione rapida, in caso di piccolo incidente, con un raggio pari a 5 chilometri circa e una molto più ampia, con raggio di circa 30 chilometri, per gli incidenti più gravi. Il piano prevederà anche nuovi piani di evacuazione, rifugi antiradiazioni, scorte più ampie di medicinali e una rete di stazioni di controllo anti radiazioni molto più ampia.

La promessa delle nuove misure di sicurezza non lascia comunque tranquilla buona parte dell’opinione pubblica giapponese, che dopo il disastro di Fukushima non vuole più sentir parlare di nucleare. L’ex premier giapponese Naoto Kan aveva detto la scorsa estate che il Giappone avrebbe dovuto ridurre la sua dipendenza dal nucleare, anche se il governo non ne ha mai annunciato la rinuncia definitiva. Le amministrazioni locali sembrano oramai molto scettiche nei confronti dell’energia atomica e questo ha costretto il governo centrale a prendere tempo, per lo meno qualche mese. Secondo un ultimo sondaggio del quotidiano giapponese Asahi, il 57 per cento dei giapponesi non vuole la riapertura degli impianti nucleari, mentre l’80 per cento non ha fiducia nelle nuove misure di sicurezza del governo. Un paio di settimane fa ci sono state molte manifestazioni contro il nucleare con decine di migliaia di persone scese in strada a protestare.

Fino all’incidente nucleare di Fukushima, la produzione energetica del Giappone dipendeva per il 30 per cento dalle centrali nucleari. L’attuale chiusura degli impianti è stata compensata con maggiori utilizzo e importazioni di petrolio (150 per cento in più rispetto alla quota prima del disastro di Fukushima), gas naturale liquefatto (25 per cento in più) e altri combustibili fossili, mentre le società elettriche hanno rimesso in funzione alcuni vecchi impianti. Ovviamente questo comporta numerosi costi aggiuntivi e la richiesta del governo alla popolazione e alle fabbriche di ridurre il loro consumo di almeno il 15 per cento. Una verifica importante per l’eventuale riattivazione dei reattori ora spenti avrà luogo in estate, quando la domanda è maggiore e secondo diversi analisti ci potrebbero essere mancanze di corrente, anche a causa delle condizioni delle centrali più vecchie. Se in quel periodo non ci dovessero essere blackout clamorosi, allora, dicono gli attivisti, il Giappone potrà sopravvivere anche in futuro senza energia nucleare.

– Tutte le foto del Post sul disastro di Fukushima, dall’11 marzo 2011 a oggi

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nella foto: la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, in Giappone (KAZUHIRO NOGI/AFP/Getty Images)