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  • Lunedì 12 marzo 2012

I numeri di Romney

A due mesi dall'inizio delle primarie repubblicane, un po' di conti su delegati e superdelegati per vedere a che punto siamo

di Francesco Costa

BOSTON, MA - MARCH 06: Republican presidential candidate, former Massachusetts Gov. Mitt Romney greets supporters at a Super Tuesday night gathering at the Westin Copley Place on March 6, 2012 in Boston, Massachusetts. Mitt Romney celebrated Super Tuesday wins in Massachusetts, Vermont and Virginia. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)
BOSTON, MA - MARCH 06: Republican presidential candidate, former Massachusetts Gov. Mitt Romney greets supporters at a Super Tuesday night gathering at the Westin Copley Place on March 6, 2012 in Boston, Massachusetts. Mitt Romney celebrated Super Tuesday wins in Massachusetts, Vermont and Virginia. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)

Le primarie repubblicane sono iniziate ormai due mesi fa, in Iowa. Ci sono stati anni in cui a questo punto della corsa, dopo il Super Tuesday, il vincitore era già stato individuato: anche l’ultima volta, nel 2008, grazie a regole complessivamente meno proporzionali John McCain uscì dal Super Tuesday come il chiaro vincitore delle primarie, nonostante Mike Huckabee decise di restare in corsa fino alla fine. Stavolta non è così, come è noto: Romney è in vantaggio sugli altri candidati ma non può ancora dire di avere la nomination in tasca. Ma si possono fare un po’ di conti, per capire a che punto è.

I delegati della convention repubblicana di quest’estate a Tampa sono 2286. Questo vuol dire che per essere scelti come candidati servono almeno 1144 delegati. La grandissima parte dei delegati è eletta con le elezioni primarie, prevalentemente in senso proporzionale relativamente ai voti ricevuti. Ci sono però 120 persone che sono delegati di diritto, i cosiddetti “superdelegati”, in quanto dirigenti e amministratori appartenenti al partito: possono scegliere autonomamente con chi schierarsi ma il buon senso vuole che in una situazione molto equilibrata non si schierino in modo da contraddire la volontà maggioritaria degli elettori. Questo criterio dovrebbe dare un vantaggio a Romney anche con i delegati, ma questo lo vedremo meglio più avanti.

Fino a questo momento Mitt Romney ha vinto le primarie in Alaska, Arizona, Florida, Idaho, Maine, Massachusetts, Michigan, Nevada, New Hampshire, Ohio, Vermont, Virginia, Washington e Wyoming (nonché in Guam e Northern Mariana Islands), ottenendo 393 delegati certi, 435 stimati (alcuni stati devono ancora ufficializzare la ripartizione dei delegati tra i candidati). Rick Santorum ha vinto le primarie in Colorado, Iowa, Kansas, Minnesota, Missouri, North Dakota, Oklahoma e Tennessee, ottenendo 133 delegati certi, 197 stimati. Newt Gingrich ha vinto le primarie in Georgia e South Carolina, ottenendo 110 delegati certi, 128 stimati. Ron Paul ha vinto solo nelle isole Vergini, che non sono uno stato, e ha ottenuto finora 24 delegati certi, 74 stimati. I numeri dicono che Romney ha vinto nettamente in più stati degli altri, ottenendo nettamente più delegati. E dicono che fin qui ha raccolto il consenso di più o meno il 40 per cento dei partecipanti alle primarie.

Se Romney da qui in poi dovesse vincere le primarie in tutti gli stati ottenendo tutti i delegati in palio, evento considerato improbabile, conquisterebbe i 1144 delegati solo dopo il voto del 15 maggio in Oregon. Le brutte notizie per Romney arrivano però quando si proietta quel 40 per cento sulle restanti primarie. Se Romney infatti continuasse a ottenere più o meno i voti ottenuti finora, arriverebbe alla convention di Tampa con una robusta maggioranza relativa ma senza la maggioranza assoluta: senza i 1144 delegati che servono per arrivare alla convention da vincitore e ottenere la candidatura alle presidenziali al primo scrutinio. Un simile scenario potrebbe essere evitato dal ritiro di uno dei candidati in palio, soprattutto da Gingrich o Santorum: nessuno dei due ha la minima possibilità di vincere ma ognuno può rallentare o impedire la vittoria di Romney ed entrambi sembrano determinati a farlo fino all’ultimo minuto.

Se le cose dovessero andare avanti così come sono andate finora, insomma, si arriverebbe alla cosiddetta brokered convention: la convention spaccata che inizia senza un candidato. Al primo scrutinio la gran parte dei delegati è impegnata a votare il candidato per cui è stato scelto nel suo stato: se nessuno ha la maggioranza assoluta, dal secondo in poi tutti i delegati hanno le mani libere. La cosa più probabile, a quel punto, è che un certo numero di delegati di Gingrich o Santorum sposti i suoi voti su Romney, dandogli la nomination: d’altra parte Romney è indubbiamente il candidato che ha ottenuto la maggioranza dei consensi e una convention spaccata sarebbe uno spettacolo che renderebbe ancora più complicato sconfiggere Obama a novembre. Ma possono succedere anche altre cose, meno probabili ma comunque plausibili. Gingrich e Santorum potrebbero unire le forze e opporre a Romney un numero di delegati quasi pari, sfidandolo. Sarebbe il terreno ideale per la discesa in campo dell’eventuale terzo candidato su cui un pezzo di establishment repubblicano non ha smesso di fantasticare, pur senza trovare la risposta a una domanda ineludibile: chi?

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foto: Justin Sullivan/Getty Images