Il caso Boni

In che cosa consistono, concretamente, le accuse di corruzione contro il presidente leghista del Consiglio regionale della Lombardia

L’inchiesta sulle tangenti che vede indagato per corruzione il presidente del Consiglio regionale della Lombardia Davide Boni (Lega Nord) prosegue e, man mano che vengono effettuate nuove perquisizioni e ascoltati testimoni, si arricchisce di dettagli su un giro di corruzione che avrebbe superato il milione di euro.

Chi è Davide Boni
Nato a Milano nel settembre del 1962, Davide Boni si è occupato di una azienda alimentare tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Dopo aver militato nel Movimento Sociale Italiano è passato alla Lega Nord, diventando nel 1993 il presidente della provincia di Mantova. Appartenente al gruppo dei leghisti con posizioni più “radicali”, come Mario Borghezio e Max Bastoni, ha rivestito diversi incarichi all’interno del partito e nell’aprile del 2000 è stato eletto come consigliere regionale nella circoscrizione di Milano, mentre nella legislatura seguente iniziata nel 2005 è stato assessore regionale al Territorio e urbanistica. Alle regionali del 2010 è stato il leghista più votato e a partire dal maggio dello stesso anno è diventato presidente del Consiglio regionale.

L’inchiesta
Lo scorso martedì, 6 marzo, è stata confermata l’iscrizione nel registro degli indagati di Davide Boni per corruzione, insieme con il suo portavoce Dario Ghezzi. L’inchiesta è legata a un filone di indagini sulle tangenti che furono erogate per la concessione di alcune aree edificabili nel Comune di Cassano d’Adda, in provincia di Milano. In quella vicenda era coinvolto l’architetto Michele Ugliola, che ora sta collaborando con la giustizia e ha rivelato un sistema che Boni e altri suoi collaboratori avrebbero utilizzato per organizzare gli “accordi corruttivi”.

Ugliola aveva fatto il nome di Boni e di un suo collaboratore la scorsa estate e il verbale era stato secretato perché, sulla base delle informazioni ottenute, i pm volevano avviare ulteriori verifiche e controlli. L’ipotesi che Boni potesse essere indagato circolava da tempo nei palazzi della Regione, ma non aveva mai trovato conferme ufficiali fino allo scorso martedì.

La versione di Michele Ugliola
Ugliola ha raccontato ai magistrati che nel 2008 nell’ufficio del presidente del Consiglio regionale sarebbero state recapitate sei o sette buste, contenenti diverse decine di migliaia di euro. Il meccanismo descritto dall’architetto per il passaggio di denaro era semplice e, se dimostrato, ricorda quelli usati negli anni di Tangentopoli: Ugliola si recava la mattina presto nell’ufficio di Ghezzi, il caposegreteria di Boni, nel palazzo della Regione per un caffè, pretesto per consegnare il denaro all’interno di una busta. Sempre secondo la versione dell’architetto, quei soldi erano le percentuali “per gli affari andati in essere nel Comune di Cassano d’Adda” e per altre operazioni per cui serviva il via libera a livello regionale.

Oggi Repubblica riporta alcuni passaggi dei verbali con le deposizioni di Ugliola:

Intorno alla metà del 2007 conobbi Dario Ghezzi, già all’epoca capo di gabinetto di Davide Boni, che mi fu presentato dall’architetto Saldini. La presentazione era finalizzata al fatto che io potessi stipulare un accordo con lui e Boni perché facilitassero l’ottenimento della valutazione d’impatto ambientale su alcune aree di Luigi Zunino, che era mio cliente da metà degli anni Novanta.

L’operazione sarebbe servita per accelerare i tempi della pratica, cosa che secondo Ugliola interessava anche Franco Nicoli Cristiani, all’epoca assessore alle Attività produttive e arrestato lo scorso novembre per un presunto giro di tangenti. L’architetto Silvio Saldini era consulente dell’assessorato di Nicoli Cristiani. Prosegue Ugliola:

Ghezzi si è dimostrato interessato fissando un incontro con Boni. Avvenne nell’ufficio di Ghezzi e nell’occasione stringemmo un accordo nel senso che Boni si impegnò a farmi ottenere la valutazione favorevole ai fini dell’autorizzazione commerciale, impegnandosi anche perché rilasciasse quella di competenza di Nicoli Cristiani.

Per semplificare queste operazioni e facilitare quindi le cose alle aziende degli imprenditori interessati, Boni e i alcuni suoi collaboratori avrebbero chiesto secondo Ugliola almeno “800mila euro per il via libera all’area di Rodano Pioltello, 800 mila euro per l’area Falck di Sesto San Giovanni e 200mila per l’area di Santa Giulia”. L’architetto ha anche spiegato ai pm che Boni e Ghezzi incontrarono di persona l’imprenditore e immobiliarista Luigi Zunino, il quale confermò che Ugliola era da considerare il suo consulente di fiducia per quel tipo di affari. Lo stesso Ugliola si sarebbe occupato di gestire operazioni simili per almeno un altro imprenditore nel 2009, ma della cosa poi non se ne fece nulla.

Gli altri coinvolti
L’indagine della Procura di Milano sul presunto giro di tangenti avvenuto tra il 2008 e il 2010 coinvolge ormai una quindicina di persone, come spiegano oggi sul Corriere della Sera. Oltre al presidente del Consiglio regionale Boni e al suo capo di segreteria Ghezzi, sono coinvolti a vario titolo Marco Paoletti, consigliere provinciale della Lega Nord, l’ex sindaco di Cassano d’Adda, Edoardo Sala e due imprenditori.

Che cosa fa la Lega
Gli ultimi sviluppi del caso Boni sono un problema per la Lega Nord in Lombardia. Davide Boni ieri si è incontrato con Umberto Bossi, cui avrebbe confermato di essere disposto a dimettersi. Il leader della Lega ha rassicurato il presidente del Consiglio regionale, dandogli il proprio sostegno. Boni dice di essere estraneo ai fatti ma, come hanno confermato alcuni esponenti della Lega, il partito ha la necessità di dimostrare che “è come gli altri partiti” e che vi possano quindi essere episodi di corruzione. C’è l’ipotesi di una indagine interna per effettuare una verifica dei conti e dimostrare che il denaro derivante dai presunti casi di corruzione non sarebbe arrivato nelle casse della Lega Nord.

E Formigoni?
Il presidente della Regione Lombardia per ora non ha assunto posizioni nette nei confronti di Boni. Secondo Formigoni, il presidente del Consiglio regionale avrà la possibilità di dichiarare la propria posizione e se non potrà chiarire “in termini molto precisi la sua estraneità farà passi conseguenti”. Il presidente ha anche ricordato che altri colleghi assessori di Boni, indagati, hanno rassegnato le loro dimissioni, ma che non bisogna fare “processi sommari”. Boni è la quarta persona coinvolta nella vicenda e facente parte dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale in questa legislatura, gli altri tre esponenti politici sono: Franco Nicoli Cristiani (PdL), Massimo Ponzoni (PdL) e Filippo Penati (PD) . Dei cinque membri originari soltanto Carlo Spreafico (PD) non ha ricevuto avvisi di garanzia.

foto dall’account Flickr di Davide Boni