Il Manifesto solo su Internet

Lo propone Luciana Castellina, cofondatrice del giornale, 83 anni, invece di "condannarsi alla periodica ansia della chiusura"

Luciana Castellina, politica, giornalista e cofondatrice del Manifesto, 83 anni, propone oggi al giornale di risolvere la propria crisi passando soltanto online: mollare la carta, cosa che prima o poi sarà inevitabile, e rinunciare così a “condannarsi alla periodica ansia della chiusura”.

Cari compagni, non ho scritto fino ad ora perché parlarvi direttamente mi viene francamente più naturale: per quanto non più in redazione da tantissimo tempo mi sento comunque troppo interna al manifesto per dover ricorrere ad una missiva per dirvi quel che penso. E tuttavia nelle rare assemblee del giornale cui talvolta partecipo intervenire mi risulta altrettanto difficile: non spartisco con voi la condizione durissima cui siete da anni costretti (fatica e retribuzione minima e saltuaria, ora rischio di perdere anche questa). Ogni suggerimento può così suonare fastidioso

E però non posso neppure limitarmi a inviare i mille euro e dire «manifesto per carità non devi morire». Per via della storia sono tenuta anche io a cercare soluzioni, se ce ne sono, e a imprimere correzioni se vanno e possono esser apportate. Ci provo.

Nella minaccia di chiusura giocano fattori politici ed economici, peraltro strettamente intrecciati.

Comincio dal primo. Qui c’è un dato oggettivo e generale, la crisi perdurante della sinistra dopo una sconfitta storica da cui nessuno sa ancora bene come riprendersi. E poi ce ne è uno più specifico, il modo come il manifesto opera in questo contesto durissimo. Sono i temi già toccati da Rossana.

Quando il quotidiano nacque nella dichiarazione che lo annunciò scrivemmo: «È perché è arrivato il momento di una iniziativa generale e unificante, capace di rilanciare il lavoro di promozione di un movimento politico, di una iniziativa capace di ridare unità e continuità d’orientamento ai militanti impegnati con noi e capace soprattutto di stabilire un contatto con quel ventaglio disarticolato di forze sociali che rifiutano l’ordine attuale, che abbiamo bisogno di un quotidiano». Il linguaggio è datato e le forze in campo erano allora ben diverse e entusiaste, è ovvio che il manifesto non può essere più questo. Allora, oltretutto, il giornale era anche un movimento politico organizzato, oggi non lo è più.
E però penso che occorrerebbe sforzarsi di far vivere almeno qualcosa di quell’ispirazione.Vale a dire: la consapevolezza che il manifesto non è solo un giornale, ma una delle componenti stesse del movimento.

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