• Mondo
  • Domenica 26 febbraio 2012

Il processo agli attivisti in Egitto

Inizia oggi al Cairo contro decine di membri di Ong straniere, accusati di aizzare i disordini degli ultimi tempi

(AP/Amr Nabil)
(AP/Amr Nabil)

Aggiornamento 13.56 – La Corte del Cairo ha deciso di aggiornare il processo contro 43 attivisti di diverse Ong internazionali ed egiziane al prossimo 26 aprile. Dopo la decisione sono partiti nell’aula giudiziaria cori contro il Consiglio Supremo delle Forze Armate egiziano che di fatto governa il paese dalla caduta dell’ex dittatore Hosni Mubarak.

Oggi al Cairo, in Egitto, inizia il processo contro 43 attivisti appartenenti a diverse organizzazioni non governative (ONG) straniere, accusati di aver fomentato i disordini degli ultimi tempi nel paese. Si tratta di 16 americani, 16 egiziani e altri 11 attivisti di nazionalità tedesca, palestinese, serba e giordana che, secondo la magistratura egiziana, non avrebbero i permessi necessari per lavorare in Egitto e soprattutto avrebbero cercato di influenzare la politica interna egiziana fomentando le recenti rivolte “grazie all’uso illegale di fondi stranieri” che ricevevano attraverso le organizzazioni di cui facevano parte. Tra queste, ci sono le americane International Republican Institute, National Democratic Institute e Freedom House. Gli imputati non sono stati arrestati preventivamente, ma sette dei 16 americani non possono lasciare il paese.

Il processo ha creato un caso diplomatico tra Stati Uniti ed Egitto, le cui relazioni diplomatiche sono ai minimi storici degli ultimi 30 anni, e fa parte di una campagna delle autorità militari egiziane al potere iniziata dopo la caduta dell’ex dittatore Hosni Mubarak, contro la potenziale influenza di forze straniere nel paese. Secondo l’accusa, i fondi passati alle ONG e altre organizzazioni arrivavano direttamente da governi stranieri, tra cui gli Stati Uniti, che dunque avrebbero interferito, attraverso le azioni degli attivisti, nella politica egiziana.

Gli Stati Uniti hanno reagito molto male alla notizia del processo che si apre oggi e hanno chiesto l’immediato rilascio dei cittadini americani. Ci sono diversi colloqui negli ultimi giorni tra le autorità americane e quelle egiziane, ma le parti non sono riuscite a trovare un accordo. L’amministrazione Obama ha minacciato di tagliare gli aiuti finanziari degli Stati Uniti all’Egitto (circa 1,5 miliardi di dollari all’anno), se il processo non verrà annullato.

Il caso è iniziato lo scorso dicembre, quando gli agenti egiziani hanno fatto irruzione negli uffici di diverse organizzazioni straniere, sequestrando documenti e computer che, secondo quanto scrive oggi il quotidiano egiziano Al-Ahram, conterrebbero informazioni riservate di grande importanza per la sicurezza nazionale egiziana. Tra gli accusati c’è anche Sam LaHood, il figlio del ministro dei trasporti americano Ray LaHood, che insieme ad altri imputati connazionali (si parla di 7 persone) che non possono lasciare attualmente il paese, ha trovato per ora rifugio nell’ambasciata americana al Cairo. Altri americani accusati, inoltre, avrebbero già lasciato l’Egitto.

Gli accusati, se riconosciuti colpevoli, potranno ricevere una pena fino a 5 anni di carcere, hanno fatto sapere i magistrati Sameh Abu Zeid e Ashraf el Ashmawi. Dopo la caduta di Mubarak, le inchieste delle autorità militari egiziane nei confronti delle organizzazioni non governative egiziane sono aumentate sensibilmente, scrive Al Jazeera.

nella foto, al centro, i due magistrati Ashraf el Ashmawi e Sameh Abu Zeid (AP/Amr Nabil)