L’intervista di Draghi al Wall Street Journal

Il capo della Banca Centrale Europea si è schierato sulla linea Merkel e ha detto una cosa impegnativa sul futuro del nostro "modello sociale"

Mario Draghi, 64 anni, è il presidente della Banca centrale europea dal novembre 2011 ed è stato governatore della Banca d’Italia tra il 2006 e il 2011. Oggi il Wall Street Journal ha pubblicato una lunga intervista con lui.

Draghi ha un ruolo importante anche nella gestione della crisi economica che sta colpendo l’area dell’euro: poco dopo il suo insediamento a capo della BCE ridusse di mezzo punto percentuale il tasso di interesse di riferimento, uno degli strumenti principali di intervento delle banche centrali; il 21 dicembre 2011 la Banca Centrale Europea ha prestato alle banche dell’Unione Europea circa 489 miliardi di euro a un tasso molto favorevole, operazione che ha aiutato secondo gli economisti a superare una fase molto critica della crisi dei debiti sovrani (un secondo prestito è atteso a giorni).

Nell’intervista Draghi parla della necessità per i paesi dell’area euro, compresi quelli più in difficoltà, di continuare con le politiche di consolidamento fiscale e con gli sforzi per raggiungere gli obbiettivi di bilancio concordate con l’Unione Europea, nei giorni in cui si discute se questa rigidità non stia danneggiando ulteriormente le economie in difficoltà impedendo che i governi spendano (o non alzino le tasse) per stimolare la crescita economica. Le opinioni espresse nell’intervista, scrive il WSJ, “lo mettono decisamente nel campo dei sostenitori della linea dura, insieme ad Angela Merkel e ad altri funzionari tedeschi”.

Draghi ha detto che le difficoltà economiche hanno avuto almeno un effetto molto positivo: convincere i paesi dell’Unione Europea a sottoscrivere un accordo (il cosiddetto fiscal compact) che li spinge a maggior rigore per il bene di una maggiore integrazione economica. Ha aggiunto che la crisi costringerà i paesi europei ad approvare serie riforme strutturali nel mercato del lavoro e nell’organizzazione dell’economia, riforme che a suo parere assicureranno la stabilità e la crescita dell’Unione, almeno nel lungo periodo.

Il WSJ ha poi chiesto a Draghi se l’Unione Europea dovrà abbandonare il modello sociale che lo contraddistingue, in primo luogo agli occhi degli americani: un modello socialdemocratico con un ampio stato sociale. Draghi ha risposto così, nel passaggio probabilmente più importante dell’intera intervista:

Il modello sociale europeo è andato, nel momento in cui in alcuni paesi vediamo un tasso di disoccupazione giovanile così alto. Queste riforme [del mercato del lavoro, economiche, etc.] sono necessarie per aumentare l’occupazione, in particolare quella dei giovani, e di conseguenza le spese e i consumi. […] Come sapete, un tempo l’economista Rudi Dornbusch era solito dire che gli europei sono così ricchi che si possono permettere di pagare chiunque per non lavorare. Quel tempo non esiste più.

Draghi dice che è ancora presto per dire che la crisi è passata ma che negli ultimi mesi sono arrivati segnali incoraggianti: i mercati finanziari sembrano aver acquistato una maggior stabilità, e dopo un ultimo trimestre del 2011 con risultati economici piuttosto deboli la situazione complessiva sembra migliorare. I governi hanno fatto progressi nel campo della riduzione del debito pubblico e anche la situazione del settore bancario non dà preoccupazioni immediate. Draghi ha aggiunto che a suo parere il Portogallo, che secondo alcuni economisti sarà il prossimo paese dell’euro a incontrare pesanti difficoltà economiche, simile a quelle della Grecia, non avrà bisogno di un nuovo prestito delle istituzioni internazionali.

foto: AP Photo/dapd/ Thomas Lohnes