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  • Domenica 5 febbraio 2012

La tassa sulla casa in Cina

Due metropoli cinesi, Shanghai e Chongqing, l'hanno appena introdotta: perché potrebbe essere la salvezza dei governi locali e quali sono le resistenze

Negli ultimi anni la spettacolare crescita economica cinese è stata anche una crescita del mercato immobiliare. Fino a due decenni fa, gran parte della popolazione urbana cinese viveva in malmessi blocchi di appartamenti di proprietà dell’azienda in cui lavorava, quasi sempre un’azienda statale. Oggi molti cinesi hanno una casa di proprietà o desiderano averla, mentre la classe dirigente legata al partito investe in appartamenti e nelle nuove case di lusso che vengono costruite nelle città cinesi.

Fin dal 2003 il governo cinese parla di tassare le proprietà immobiliari, una mossa che potrebbe avere effetti molto positivi sulle casse dei governi locali e effetti stabilizzatori sullo stesso mercato immobiliare, come spiega l’Economist. Da un anno la possibilità di una tassa sulla proprietà si è fatta più concreta: da quando cioè le due città di Chongqing (una città di diversi milioni di abitanti nella Cina centrale) e di Shanghai hanno introdotto le prime tasse sulla casa. Per ora si tratta di tasse largamente simboliche, molto ridotte e che si applicano a poche migliaia di abitazioni per ogni città, per lo più seconde case, appartamenti di lusso o abitazioni molto grandi di proprietà di una sola famiglia.

La Cina di Mao aveva eliminato le tasse sulla proprietà, dato che aveva eliminato per gran parte anche la proprietà stessa: negli anni Cinquanta e Sessanta la Cina era un paese di coltivatori per circa il 90% della popolazione, e gli sforzi delle autorità erano verso la collettivizzazione. Pochi decenni dopo, la Cina è profondamente cambiata: cambiata l’economia e venuta meno l’ideologia maoista, i governi locali otterrebbero dalle tasse sulla proprietà una fonte di entrate stabile, simile a quella che già c’è in molti paesi del mondo, e allo stesso tempo ridurrebbero le speculazioni sul mercato immobiliare.

I governi locali hanno grandi debiti verso le banche, da cui hanno preso in prestito massicciamente nel 2009-2010 all’interno dei piani statali per superare indenni la crisi economica globale. Sulle autorità locali pesa inoltre gran parte della spesa pubblica cinese (circa l’80% del totale), ma nonostante queste responsabilità viene loro assegnato meno del 50 per cento delle tasse, con il governo centrale che si impegna a colmare la differenza.

Col tempo, le autorità locali hanno trovato una nuova fonte di entrate: le vendite dei diritti di costruzione per le aree rurali, che sono formalmente di proprietà “della collettività”: sfruttando questa definizione sfuggente, i funzionari le vendono ai costruttori a un prezzo vicino al loro valore commerciale, mentre compensano i coltivatori sulla base del valore agricolo dei terreni, enormemente più basso. I funzionari e le amministrazioni locali si arricchiscono così considerevolmente, ma con due pesanti controindicazioni: provocano lo scontento popolare, e si arricchiscono vendendo qualcosa che può essere venduto una volta sola.

Se una tassa sulla proprietà potrebbe risolvere molte cose, ci sono diversi problemi da risolvere prima di poterla mettere seriamente in pratica. Esistono già una dozzina di tasse in Cina, per la maggior parte relative alla vendita e all’acquisto dei beni, ma una tassa sulla casa richiederebbe sforzi burocratici e amministrativi che la Cina forse avrà difficoltà a fare. Bisognerà chiarire le proprietà e soprattutto stabilirne il valore, in un paese in cui la legislazione è spesso assente o confusa e dove le soluzioni arbitrarie e ingiuste sono molto spesso la norma. Ma una tassa sulla proprietà potrebbe aiutare a ridurre le ampie variazioni del mercato immobiliare cinese, rendendo più difficile un crollo repentino che avrebbe conseguenze pesanti su tutta l’economia. Una tassa renderebbe meno conveniente speculare come fanno molti dei più ricchi funzionari di partito e esponenti della nascente classe media, acquistando seconde e terze case (spesso tenute sfitte) in attesa di un rialzo dei prezzi sul mercato.

foto: STR/AFP/Getty Images