• Mondo
  • Domenica 5 febbraio 2012

La Siria dopo il veto all’ONU

Le foto dei funerali di ieri a Homs e Idlib, l'assalto all'ambasciata in Australia e l'ultima imboscata dei ribelli che avrebbe ucciso almeno 9 soldati

Ap Photo
Ap Photo

Il giorno dopo il veto di Russia e Cina alla risoluzione delle Nazioni Unite contro il regime di Bashar al Assad, continuano le proteste contro le ambasciate siriane nel mondo. Dopo le manifestazioni, anche violente, di ieri in varie città come Londra e Berlino, la scorsa notte a Canberra decine di persone hanno fatto irruzione nell’ambasciata siriana in Australia. Gli assalitori hanno rotto vetri e sono entrati nell’edificio, rubando anche computer e altri oggetti.

La risoluzione messa ai voti ieri al Consiglio di Sicurezza dell’ONU a New York (qui il testo integrale) prevedeva la condanna e la richiesta di fine immediata delle violenze del regime del presidente Assad, l’apertura di corridoi umanitari, l’invio di osservatori internazionali, la piena collaborazione delle autorità siriane con le Nazioni Unite e, soprattutto, una transizione democratica. Anche se Assad non viene citato mai nel testo, la risoluzione chiedeva esplicitamente un passaggio di poteri sulla base del piano di pace già proposto dalla Lega Araba.

Su questo punto, ma anche sui mancati emendamenti della risoluzione contro i ribelli siriani, la Cina e ancor di più la Russia hanno confermato la loro ferma opposizione. Tra lo sdegno della gran parte della comunità internazionale, l’ambasciatore statunitense all’ONU, Susan Rice, ha detto più volte di essere «disgustata» dal comportamento di Russia e Cina, come conferma in questa intervista alla CNN in cui ricostruisce quello che è accaduto ieri all’ONU, ossia l’ostruzionismo della Russia e le richieste «inaccettabili» dei suoi rappresentanti, che ora «hanno le mani sporche di sangue».

Ieri, intanto, ci sono stati i funerali delle vittime dell’ultimo assedio di Homs, ma anche degli ultimi morti a Idlib, nel nord della Siria, dove hanno sfilato decine di bare e cadaveri. Tra l’altro, il numero dei morti di ieri, che alcuni avevano fatto arrivare a 350, è stato ridotto successivamente a 55 nella sola Homs (anche il rapporto degli osservatori della Lega Araba fino al 18 gennaio parla di cifre dei morti in Siria piuttosto esagerate). Il reporter della BBC nella città ha parlato di interi quartieri bombardati e assediati dalle forze di Assad. Continuano intanto gli scontri tra esercito e oppositori che assomigliano ormai sempre di più a una guerra civile. Poche ore fa un’imboscata dei ribelli a Jebel Al-Zawiya, nella provincia settentrionale di Idlib, avrebbe ucciso 9 soldati siriani e ferito altri 21.

Intanto, la Siria avrebbe liberato negli ultimi giorni (ma non ci sono conferme) il 53enne siriano Abu Musab al-Suri, detto anche Mustafa Setmariam Nasr, “numero 4” di Al Qaeda e accusato di essere tra coloro che progettarono gli attentati di Madrid nel 2004 e Londra nel 2005. In un’intervista al Daily Telegraph, uno dei più importanti disertori dell’esercito siriano, il generale Mustafa Ahmad al-Sheikh fuggito recentemente in Turchia, ha detto che «il regime di Assad non durerà a lungo», che «l’esercito siriano, ormai è diventato una folle macchina assassina» e che «andrà presto a corto di mezzi e risorse». Mustafa Ahmad al-Sheikh ha chiesto anche un intervento della comunità internazionale sul modello di quanto accaduto in Kosovo nel 1999.

foto: AP