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  • Sabato 28 gennaio 2012

Le elezioni in Manipur

Oggi si è votato nello stato dell'India orientale, in un'area di desideri separatisti e dispute di confine: un uomo ha assaltato un seggio elettorale e sono morte sei persone

di Matteo Miele, Royal University of Bhutan

Sei persone sono state uccise nell’assalto ad un seggio elettorale nello stato del Manipur, nell’India nord-orientale. Il Manipur ha inaugurato oggi la serie di elezioni che si terranno, da qui a marzo, in cinque stati indiani per il rinnovo delle assemblee legislative.

Nel Manipur, che divenne uno stato dell’India a tutti gli effetti solo nel 1972 e che si estende su una superficie di circa 22 mila chilometri quadrati con pressappoco 2,7 milioni di abitanti (1,7 milioni di elettori), si contendono le sessanta circoscrizioni il partito del Congresso, che attualmente ha trenta seggi, guidato dall’attuale Chief Minister Okram Ibobi Singh (in carica dal 2002) ed altri partiti minori, che però si sono alleati in funzione anti-Congresso. Si è inoltre presentato, per complicare le cose, anche il partito dei naga. I naga sono minoranza in Manipur, ma maggioranza nello stato confinante del Nagaland ed esistono rivendicazioni (tra le altre) per separare dal Manipur i distretti abitati in prevalenza dai naga. Secondo quanto riportato da The Hindu, l’affluenza dei votanti al termine della giornata di votazioni si attesterebbe all’82%.

fonte: Wikipedia

Dietro le elezioni in Manipur vi sono scenari estremamente complicati che disegnano assetti politici più grandi dell’area e aiutano a spiegare l’assalto di oggi. Il Manipur è uno dei Seven Sister States, sette stati dell’India nord-orientale (gli altri sono Assam, Arunachal Pradesh, Nagaland, Meghalaya, Mizoram e Tripura) con particolari caratteristiche geografiche e culturali. In questa area si confrontano logiche diverse, assetti tribali e desideri indipendentisti. Ci sono importanti presenze cristiane e identità peculiari che si sommano nel mosaico etnico, linguistico e religioso del Subcontinente. Non mancano nemmeno comunità ebraiche che fanno risalire la propria origine alle Dieci Tribù Perdute d’Israele, gli abitanti del Regno d’Israele ai tempi dell’Antico Testamento biblico, di cui il testo sacro non dà più informazioni a partire dalla deportazione in Mesopotamia nel VI secolo avanti Cristo.

I presupposti geopolitici complicano ulteriormente i giochi dell’area. Il nord-est indiano è schiacciato dalle rivendicazioni territoriali della Cina, che reclama l’Arunachal Pradesh, considerato da Pechino Tibet meridionale. Poi c’è il Bangladesh e i suoi migranti che arrivano nel nord-est e cambiano lentamente i rapporti e gli equilibri stabiliti nel 1947 al momento della partizione tra India e Pakistan (quando il Bangladesh si chiamava Pakistan orientale). Più a est c’è il confine birmano e incastonato a nord il Bhutan.

Nascono così rivendicazioni separatiste da Nuova Delhi, che è lontana. Quello che lega territorialmente i sette compositi stati al resto dell’universo indiano è solo il “Chicken’s Neck” (il “collo del pollo”), come lo chiamano da queste parti, ovvero il Corridoio di Siliguri: una striscia di terra tra Nepal, Bangladesh e Bhutan che arriva al massimo a 40 chilometri di larghezza (e nel punto più stretto quasi si dimezza). Il Corridoio si trova nello stato del Bengala Occidentale e rappresenta il perno geopolitico ed economico per l’azione indiana nel nord-est. Un nord-est che rappresenta una delle tante sfide che l’India si trova a dover affrontare.