Chi è Lana Del Rey

Repubblica racconta quello che c'è sapere della cantante newyorkese, e del suo disco che non è ancora uscito (ma in rete gira molto)

US Singer Lana del Rey performs during her concert in Amsterdam, on November 10, 2011. AFP PHOTO/ ANP/ KOEN VAN WEEL ***NETHERLANDS OUT - BELGIUM OUT*** (Photo credit should read Koen van Weel/AFP/Getty Images)
US Singer Lana del Rey performs during her concert in Amsterdam, on November 10, 2011. AFP PHOTO/ ANP/ KOEN VAN WEEL ***NETHERLANDS OUT - BELGIUM OUT*** (Photo credit should read Koen van Weel/AFP/Getty Images)

Oggi Lana Del Rey occupa l’apertura di spettacoli di Repubblica, dedicata al racconto di Peppe Videtti della sua storia e del perché una cantautrice venticinquenne quasi sconosciuta fino a pochi mesi fa, prima ancora dell’uscita del suo primo vero disco, sia diventata famosissima e discussa fino ad essere invitata ad esibirsi al Saturday Night Live (dove non ha fatto una gran figura, però). Il disco si chiama “Born to die” ed esce il 31 gennaio (ma circola già molto in rete, illecitamente, da martedì).

Tempi strani. Ventisei milioni di contatti su YouTube e sei una star. Diva per acclamazione popolare. Il disco esce il 31 gennaio ma Lana Del Rey è già in copertina, Q Magazine, Billboard, l’edizione russa di Interview. E’ bastata una canzone, Video games, dallo scorso settembre tormentone in rete, radio e tv, a trasformarla in una splendida promessa del 2012. Non solo per il nome esotico e la bellezza inquietante della 25enne newyorkese che sembra clonata da un incubo di Lynch allo Chateau Marmont di Hollywood, ma per la voce turbata/disturbata e la presenza/assenza scenica di una “Nancy Sinatra versione gangster”. Ci dev’essere qualcosa di più se Lana Del Rey, al secolo Elizabeth Grant, nativa di Lake Placid, è già passata dalla Bbc a David Letterman e al Saturday Night Live (un’esibizione criticatissima anche da Juliette Lewis, la timidezza le ha spezzato la voce). La vera rivelazione sarà Born to die, l’album in uscita (il precedente, pubblicato nel 2009, si è perso nel nulla) che rivela un personaggio unico, una compositrice di talento capace di rivelarsi in una scrittura semiautobiografica efficace quanto quella di Eminem, diluita in un tessuto sonoro in cui tra orchestra ed elettronica non c’è confine. “Non ho ancora deciso se la celebrità è un sollievo o una persecuzione”, mormora l’artista, seduta come una collegiale in uno degli alberghi più esclusivi di Londra. A parte le labbra, sul suo viso non ci sono segni di chirurgia plastica; i tabloid inglesi esagerano per natura.

Fan e detrattori si moltiplicano. In un sito si legge: “La blogosfera che ti ha creato ti distruggerà”. Adulata e minacciata, come una vera diva. Sembra spaventata dall’eccessiva attenzione “perché nella maggior parte dei casi non riguarda la mia musica, ma l’aspetto fisico, il nome d’arte – che è stato scelto solo per assecondare l’idea di un suono che suggerisce immagini anche cinematografiche e non per trasformare una ragazza in vamp; mi chiamavo Lana Del Rey anche quando ho pubblicato il primo disco, eppure nessuno mi ha notato. Perché non ho accettato compromessi. Non mi nascondo dietro un dito. Se fai questo mestiere vuoi avere successo. Ma io pretendo rispetto, e le due cose non sempre si conciliano. Ho perseverato, ho inventato i miei video – a rivederli ora quasi me ne vergogno – ho preso i discografici alle spalle. L’ultima cosa che volevo era incidere un album-truffa – e ce ne sono nel pop di oggi – con un paio di canzoni buone e dieci da buttare”.

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foto: Koen van Weel/AFP/Getty Images