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  • Giovedì 12 gennaio 2012

Le primarie democratiche

Non ne parla nessuno ma Obama sta vincendo (non è sempre stato così facile)

di Francesco Costa

UNITY, NH - JUNE 27: U.S. Sen. Hillary Rodham Clinton (D-NY) (L) and U.S. Sen. Barack Obama (D-IL) participate in their first joint campaign appearance June 27, 2008 in Unity, New Hampshire. After an acrimonious primary, the two politicians look to set aside differences and unify the Democratic Party before the November election. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)
UNITY, NH - JUNE 27: U.S. Sen. Hillary Rodham Clinton (D-NY) (L) and U.S. Sen. Barack Obama (D-IL) participate in their first joint campaign appearance June 27, 2008 in Unity, New Hampshire. After an acrimonious primary, the two politicians look to set aside differences and unify the Democratic Party before the November election. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

Come vanno le primarie repubblicane lo sappiamo: è in vantaggio Romney. Come vanno quelle democratiche, invece, non lo dice quasi nessuno: molti non sanno nemmeno che ci sono. Invece ci sono. Non esistono candidature di diritto alla presidenza, negli Stati Uniti, e chi vuole candidarsi all’interno di un partito deve seguire l’iter prestabilito: prima le primarie, poi la convention, poi la candidatura (le primarie si possono aggirare candidandosi da indipendenti). Barack Obama quindi è candidato alle primarie democratiche, e come lui altri 32 candidati: di questi, 3 sono riusciti a raccogliere firme e documentazioni necessarie a presentare la propria candidatura in cinque stati, Missouri, Oklahoma, New Hampshire, Louisiana e Texas. I tre candidati sono Darcy Richardson, attivista di sinistra, secondo cui la rielezione di Obama sarebbe “un quarto mandato della presidenza Bush”; Vermin Supreme, artista e già candidato alle elezioni del 2004 e del 2008; Randall Terry, attivista antiaborto.

Ai caucus democratici dell’Iowa hanno partecipato circa 25.000 persone, il 98 per cento di queste ha scelto Obama, il 2 per cento si è astenuto o ha votato altri candidati. Alle primarie democratiche in New Hampshire sono andate a votare poco più di 50.000 persone: l’81,9 per cento ha scelto Obama, gli altri voti si sono persi tra schede irregolari o bianche e candidati minori. Finora Obama ha conquistato tutti i delegati a disposizione. In questo caso, insomma, le primarie democratiche saranno sicuramente una formalità: lo staff di Obama le sta utilizzando per mobilitare militanti, aprire comitati e raccogliere fondi in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Non è detto che sia sempre così, però, e in passato i presidenti uscenti hanno affrontato ostacoli e difficoltà nelle primarie per ottenere la candidatura alla rielezione.

Quattro presidenti uscenti si sono visti negare la nomination dagli elettori del loro partito: il democratico Franklin Pierce, nel 1857; Millard Fillmore, del partito Whig, nel 1853; il democratico Andrew Johnson nel 1868; il repubblicano Chester A. Arthur nel 1885. Di questi quattro, solo Pierce era stato direttamente eletto alla presidenza: gli altri tre erano arrivati alla Casa Bianca a causa della morte del presidente eletto. In altre occasioni le elezioni primarie sono state comunque decisive nella mancata candidatura o rielezione di presidenti uscenti. Lyndon Johnson nel 1968 si era candidato alla rielezione e inizialmente era stato sfidato alle primarie da Eugene McCarthy: dopo una vittoria di stretto margine in New Hampshire e la candidatura di Robert Kennedy, decise di ritirarsi. Ancora: nel 1951 il Congresso americano aveva deciso di porre nella Costituzione un limite di due mandati consecutivi per ogni presidente, esentando però da questa norma il presidente in carica all’epoca, Harry S. Truman. Questo aveva già fatto due mandati e nonostante una grave impopolarità nel 1952 si candidò a un terzo mandato, ritirandosi dopo aver perso le primarie del New Hampshire contro il senatore del Tennessee Estes Kefauver.

Negli ultimi quarant’anni soltanto tre presidenti non sono riusciti a ottenere un secondo mandato: Gerald Ford, Jimmy Carter e George H. W. Bush. E questi tre presidenti hanno qualcosa in comune: tutti e tre per ottenere la nomination hanno dovuto sfidare e sconfiggere avversari piuttosto impegnativi. Gerald Ford nel 1976 fu sfidato dall’allora governatore della California Ronald Reagan. Jimmy Carter nel 1980 fu sfidato da Ted Kennedy e dall’allora e tutt’ora governatore della California Jerry Brown. George H. W. Bush nel 1992 fu sfidato da Pat Buchanan, popolare opinionista ultraconservatore. Queste tre competizioni andarono in modo piuttosto diverso tra loro. Reagan arrivò vicinissimo a strappare la nomination a Ford, che ebbe la meglio solo alla convention. Carter ottenne il 51 per cento dei voti, ma Ted Kennedy non ritirò mai la sua candidatura e soltanto alla convention dette proprio il sostegno al presidente uscente. Bush vinse facilmente contro Buchanan, ma nella sua candidatura confluì un pezzo del malessere diffuso tra i repubblicani. Tutti e tre uscirono dalle primarie vincenti ma logorati, e questo contribuì a far perdere loro la rielezione.

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foto: Spencer Platt/Getty Images