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  • Sabato 24 dicembre 2011

Natale a Gaza

Nella Striscia vivono 1.400 cristiani, tra un milione e mezzo di musulmani, e da quando il territorio è controllato da Hamas non se la passano benissimo

GAZA CITY, -: A Roman Catholic nun prays during the Christmas Eve mass at Gaza Roman Catholic Church in Gaza City 24 December 2005.AFP PHOTO/MAHMUD HAMS (Photo credit should read MAHMUD HAMS/AFP/Getty Images)

GAZA CITY, -: A Roman Catholic nun prays during the Christmas Eve mass at Gaza Roman Catholic Church in Gaza City 24 December 2005.AFP PHOTO/MAHMUD HAMS (Photo credit should read MAHMUD HAMS/AFP/Getty Images)

Del milione e mezzo di palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, meno di 1.400 festeggeranno il Natale. Sono i cristiani che abitano ancora nella zona, spiegano sul Guardian, ma molti di loro hanno in programma di abbandonare l’area e andare da qualche parte in cui sia davvero possibile celebrare le feste. Da quando Hamas ha escluso l’Autorità palestinese da Gaza City, nel 2007, nella piazza principale della città non viene più eretto nemmeno l’albero di Natale.

Imad Jelda è un cristiano ortodosso che si occupa di un centro giovanile a Gaza City. Con livelli di disoccupazione oltre il 23 per cento, ha visto diversi giovani cristiani andarsene per studiare o cercare lavoro all’estero. «La gente qui non celebra il Natale da un pezzo perché c’è molta tensione. I giovani in particolare hanno una gran paura»

Karam e Peter Qubrsi sono due fratelli di 23 e 21 anni, i figli più grandi delle 55 famiglie cristiane di Gaza, raccontano sul Guardian. Entrambi indossano una croce di legno appesa al collo per mostrare la loro fede, scelta che causa loro numerosi problemi. Una volta Peter fu fermato per strada da un membro di Hamas che gli impose di levarsi la croce. «Gli dissi che non era affar suo e che non lo avrei fatto». Rischiò di essere arrestato, ma fu poi lasciato andare. La vicenda lo spaventò molto e da allora non si sente sicuro a passeggiare per la città. Le sorelle Qubrsi, invece, hanno lasciato Gaza. Mai ha 27 anni e ha deciso di andarsene insieme alla sorella Rani di 29 anni, quando suo marito fu ucciso perché accusato di fare proselitismo alla religione cristiana. Lavorava presso la libreria dell’Associazione biblica di Gaza e lo ammazzarono con alcuni colpi di pistola. Le due sorelle ora vivono a Betlemme in Cisgiordania, dove con difficoltà cercano di rifarsi una vita.

I genitori dei ragazzi Qubrsi al momento non vivono a Gaza. Si sono dovuti spostare in Israele perché la madre ha un tumore al pancreas. Peter e Karam vorrebbero raggiungerli, ma non è semplice perché le autorità israeliane impongono condizioni molto severe per i palestinesi che vogliono lasciare la Striscia. Sono in programma 500 permessi per spostarsi a Betlemme, in Cisgiordania, nel periodo natalizio, ma potranno usufruire del sistema solamente i giovani al di sotto dei 16 anni e gli adulti al di sopra dei 35.

Come molti altri cristiani nella zona, i fratelli Qubrsi hanno perso quasi tutte le speranze per un loro futuro a Gaza. Ammettono che le loro condizioni potrebbero probabilmente migliorare con il ritorno dell’Autorità palestinese, ma sono consapevoli che si tratta di un processo difficile e che non assicurerebbe comunque la pacificazione in tempi brevi. «Non abbiamo alcun futuro, qui» ripetono, ricordando che Gaza non è un buon posto per i cristiani. A messa nella chiesa della Sacra Famiglia, la scorsa settimana, il patriarca li ha invitati a pregare per la pacificazione, questo Natale.