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  • Giovedì 8 dicembre 2011

Che cosa succede in Russia

Perché ne stiamo parlando da giorni: una guida per chi decida di capirlo oggi

Anarchists burn flares, shout and carry a banner in central Moscow, late on December 4, 2011, during their protest against the conduct of Russia’s parliamentary elections. The banner reads very rudely in Russian: “You were cheated!” Russians voted today in elections set to see Vladimir Putin’s ruling party win a reduced majority in parliament, amid claims the authorities were engaging in foul play to ensure it maintained dominance. TOPSHOTS AFP PHOTO / ANDREY SMIRNOV (Photo credit should read ANDREY SMIRNOV/AFP/Getty Images)

Anarchists burn flares, shout and carry a banner in central Moscow, late on December 4, 2011, during their protest against the conduct of Russia’s parliamentary elections. The banner reads very rudely in Russian: “You were cheated!” Russians voted today in elections set to see Vladimir Putin’s ruling party win a reduced majority in parliament, amid claims the authorities were engaging in foul play to ensure it maintained dominance. TOPSHOTS AFP PHOTO / ANDREY SMIRNOV (Photo credit should read ANDREY SMIRNOV/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni in Russia, e in particolare nella capitale Mosca, migliaia di persone hanno protestato contro i risultati delle elezioni parlamentari che si sono svolte il 4 dicembre e hanno visto la risicata vittoria di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. I manifestanti accusano il governo di brogli e sono stati duramente respinti dalla polizia. Proteste così massicce e durature non hanno precedenti nella storia recente del Paese.

La Russia oggi
La Russia è una repubblica presidenziale. Da maggio 2008 il presidente è Dimitri Medvedev, che nel 2005 era stato nominato vice-primo ministro da Vladimir Putin. Putin era stato eletto presidente della Russia nel 2000 e poi riconfermato nel 2004. Non potendo ricandidarsi per un terzo mandato – come sancito dalla Costituzione russa – appoggiò vigorosamente la candidatura di Medvedev nel 2008, che lo stesso giorno della sua elezione a presidente nominò Putin primo ministro. Molti osservatori considerano Medvedev poco più che un burattino nelle mani di Putin, cosa che sembra confermata dalla sua decisione di non ricandidarsi alle elezioni presidenziali – che si terranno il 4 marzo 2012 – e di lasciare il passo a Putin, candidato a un terzo mandato da presidente. Se Putin verrà eletto, come oggi sembra praticamente certo, Medvedev farà con ogni probabilità il primo ministro.

Lo stato della democrazia in Russia è stato molto criticato da osservatori e analisti internazionali, oltre che attivisti e giornalisti russi, tra cui anche l’ultimo segretario del Partito comunista sovietico Mikhail Gorbaciov. Decine di oppositori sono stati liquidati in circostanze poco chiare, come il magnate dell’acciaio Mikhail Prokhorov, o il Partito della Libertà del Popolo che si è visto negare dalle autorità il diritto di costituirsi ufficialmente. Gli imprenditori lontani dal regime sono stati messi in condizione di non poter operare. Inoltre la libertà di stampa nel Paese è molto limitata, negli ultimi anni ci sono stati molti casi di giornalisti minacciati, scomparsi o uccisi (la più nota è Anna Politkovskaja).

Le elezioni parlamentari
Il 4 dicembre si sono svolte le elezioni parlamentari per il rinnovo della Duma, la camera bassa. Il partito governativo Russia Unita ha conquistato la maggioranza assoluta ottenendo il 49,54 per cento dei voti e 238 seggi. Si tratta di una vittoria numerica ma di una sconfitta politica, dato che nel 2007 il partito aveva ottenuto il 64 per cento dei consensi e cento seggi in più. L’opposizione comunista invece ha quasi raddoppiato i suoi seggi, ottenendo il 19,16 per cento dei voti. Putin ha commentato il risultato promettendo cambiamenti anche all’interno del suo governo, e dicendo che il calo dei consensi è fisiologico per un partito che ha governato così a lungo.

Le proteste
Le prime proteste contro Putin e Russia Unita si sono svolte il pomeriggio del 4 dicembre a Mosca e a San Pietroburgo: la polizia russa è intervenuta in tenuta antisommossa picchiando alcuni manifestanti e trascinandone altri nei camion. Circa 400 persone sono state arrestate. Nel frattempo Golos, l’unico osservatore indipendente delle elezioni finanziato dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, aveva riferito di aver raccolto più di 5mila reclami riguardo presunte violazioni della legge elettorale e di aver subito attacchi informatici al suo sito.

Il 5 dicembre sono state diffuse anche le valutazioni dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), che confermavano le «violazioni procedurali» e i presunti brogli. Nello stesso giorno migliaia di persone sono scese di nuovo in piazza a Mosca. Ci sono stati scontri con i soldati e la polizia, mentre il partito Russia Unita ha organizzato una contro manifestazione con migliaia di sostenitori che rivendicavano la correttezza dello svolgimento elettorale. Secondo la questura russa i manifestanti sarebbero stati circa duemila ma altre stime parlano di diecimila partecipanti, perlopiù tra i 25 e i 40 anni. Le proteste sono continuate nei giorni successivi. Nel frattempo 14.000 persone hanno aderito attraverso Facebook a una manifestazione indetta per sabato a Mosca, numeri che non si vedono nella capitale russa da molti anni. Lo stesso giorno si dovrebbero tenere manifestazioni in decine di altre città in tutta la Russia.

Cosa succede adesso
Come scrive l’Atlantic, non è facile immaginare cosa succederà dopo le proteste. Putin potrebbe decidere di ascoltare Gorbaciov e indire nuove elezioni, cosa molto improbabile, oppure potrà reprimere le manifestazioni, cosa molto probabile. Nel giro di pochi giorni la rabbia dei manifestanti potrebbe sgonfiarsi senza conseguenze concrete e la situazione tornare alla normalità. Quel che è certo – prosegue l’Atlantic – è che si è formato in Russia un nuovo gruppo di cittadini politicamente consapevoli con cui il governo dovrà iniziare a fare i conti. Molti analisti hanno paragonato le proteste alla primavera araba – le manifestazioni che hanno scosso il Medio Oriente dallo scorso gennaio e che hanno portato alla caduta del regime egiziano, tunisino e libico – e gli stessi manifestanti russi si sono più volte paragonati ai manifestanti di piazza Tahrir, in Egitto. Altri analisti suggeriscono paragoni meno ambiziosi e affrettati, invitando a limitare entusiasmi e facili comparazioni. Secondo il Guardian, per esempio, le proteste russe non hanno nulla a che vedere con le rivoluzioni arabe: sono sostenute da una piccola parte della popolazione in un paese dove l’opposizione è quasi del tutto inesistente, frammentata o decisamente impopolare, e sarà difficilmente in grado di far fronte al potere compatto di Russia Unita. Foreign Policy intitola il suo articolo dedicato all’analisi delle proteste “OccupyMoscow”, avvicinandole in questo modo ai movimenti di protesta nati nei paesi occidentali contro il potere delle banche, delle società finanziarie e della minoranza più ricca e privilegiata della popolazione, ricordando però che “se questo è l’inizio di qualcosa di grande, civile e bello, siamo ancora agli inizi”.

Tirando le somme
Non è quindi facile capire, per il momento, il significato delle proteste, né prevedere le loro evoluzioni: se continueranno a lungo o no, se otterranno dei risultati o si sgonfieranno in nulla. Quel che è certo è che siamo di fronte a un momento di difficoltà grave e senza precedenti per Putin e l’establishment russo, a soli tre mesi di distanza dalle elezioni presidenziali. Putin è ancora dato per vincente dai sondaggi, ma il suo gradimento è decisamente in calo: il 21 novembre era stato persino pubblicamente contestato, altro fatto senza precedenti. La Russia sta evidentemente attraversando un momento inedito e cruciale della sua storia.

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Foto: ANDREY SMIRNOV/AFP/Getty Images