• Italia
  • Mercoledì 7 dicembre 2011

Una manovra migliore

Non ci vuole molto: basta cominciare da una cosa piccola ma significativa

Italian Prime Minister Mario Monti speaks on the set of the “Porta a Porta” television show on December 6, 2011 in Rome. Monti is invited as the guest of the show two days after he presented his draconian austerity plan to parliament, warning Italy risks a Greek-style “collapse” if it is not adopted, as financial markets cheered the proposals. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Italian Prime Minister Mario Monti speaks on the set of the “Porta a Porta” television show on December 6, 2011 in Rome. Monti is invited as the guest of the show two days after he presented his draconian austerity plan to parliament, warning Italy risks a Greek-style “collapse” if it is not adopted, as financial markets cheered the proposals. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

A un certo punto, più o meno un mese fa, l’ipotesi che l’Italia dichiarasse bancarotta era diventata non solo realistica, persino probabile. Anni di politiche improvvisate e governi mediocri hanno messo l’Italia in una situazione da cui la via d’uscita non può che essere stretta e complicata: tocca sbattersi molto, fare più della propria parte, tutti, e prepararsi a ottenere risultati nel medio e nel lungo termine, e non più nel breve. Non c’è modo di evitare i cosiddetti “sacrifici”: anche perché l’ipotesi di un default dell’Italia avrebbe come conseguenza rinunce molto peggiori di quelle imposte dalla manovra d’emergenza del governo Monti. Questo governo, con tutti i suoi limiti interni ed esterni, merita il credito che si deve a chi sta credibilmente provando a tirare il paese fuori dai guai.

Ieri sera, intervistato da Bruno Vespa, il presidente del Consiglio Mario Monti ha detto che i membri del governo «si sono sentiti in grande difficoltà» quando hanno capito che per fare una manovra economica solida, funzionante e convincente bisognava «chiamare a contribuire i pensionati». Il ministro Elsa Fornero si era commossa, domenica, spiegando quella che è probabilmente la più pesante delle misure introdotte dal governo: il blocco per due anni dell’indicizzazione all’inflazione delle pensioni più alte di 960 euro, cioè il doppio della pensione minima.

La manovra economica d’emergenza – oltre ai cosiddetti “sacrifici” – contiene molte cose buone, piccole e buone. Di certo è incompleta. Si può fare molto di più, moltissimo. Ci sono cose che realisticamente non potevano essere affrontate da un governo insediatosi da appena due settimane – dismissioni del patrimonio pubblico, grandi liberalizzazioni, riforme organiche del mercato del lavoro – ma che ci aspettiamo di vedere nel prossimo futuro. Ce ne sono altre, più piccole, che forse si potevano già fare e che si è ancora in tempo a correggere.

Diffidiamo da chi dice che la manovra può ancora essere cambiata, anche in profondità, “purché i saldi restino invariati”. Questa frase, sentita molte volte durante il governo Berlusconi, implica un assunto falso: cioè che, se i saldi rimangono invariati, è indifferente dove vengono presi i soldi. Non è così. Una manovra economica non è fatta solo da quanti soldi si prendono e quanti soldi si danno, ma soprattutto da come, dove e a chi si prendono i soldi e da come, dove e a chi si danno: scelte che segnano la direzione in cui si vuole spingere il Paese. Ci piacerebbe quindi che il Parlamento discutesse nei prossimi giorni questa manovra economica senza stravolgerne il senso, ma apportando solo correzioni sensate e coerenti col suo impianto generale. Qui ci permettiamo di suggerirne una, associandoci a chi l’ha già proposta in questi giorni, proprio perché ci sembra perfettamente in linea con quello che il governo Monti ha detto e ha fatto fino a questo momento.

È stato lo stesso presidente del Consiglio a dire che l’imposta straordinaria sui capitali rientrati in Italia con lo scudo fiscale è una misura possibile, opportuna e legittima, inserendola nella manovra: chi ha fatto rientrare capitali illegalmente trasferiti all’estero pagherà un’imposta straordinaria equivalente all’1,5 per cento di quella cifra, oltre al 5 per cento che ha già pagato. È stato lo stesso presidente del Consiglio a dire che la più grande misura anti-evasione della manovra è una non-misura, cioè l’annuncio esplicito e categorico che non arriverà più nessun condono, per nessuna ragione, ammettendo esplicitamente l’effetto iniquo e diseducativo che simili provvedimenti hanno avuto sul presente e sul futuro dell’Italia. Ed è stato lo stesso presidente del Consiglio, come abbiamo detto, a giudicare doloroso il mancato adeguamento all’inflazione delle pensioni. Sarebbe probabilmente opportuno, allora, bilanciare meglio le due norme: alzare l’imposta sui cosiddetti capitali scudati per allargare la fascia di protezione delle pensioni, assecondando tra l’altro uno dei suggerimenti proposti oggi dalla commissione Lavoro della Camera. In un colpo solo si otterrebbero due risultati, immediati e coerenti con l’operato del governo: rafforzare la sua sacrosanta posizione contro l’evasione fiscale e ammorbidire la sua misura più pesante. Fare, di questa manovra, una manovra migliore.

FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images