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  • Lunedì 21 novembre 2011

La Spagna che verrà

Il giorno dopo la grande vittoria di Rajoy ci sono due discussioni aperte: una sul ruolo dei movimenti di protesta e una sull'efficacia del Partito Popolare

Il Partito Popolare spagnolo, di centrodestra, ha vinto le elezioni legislative di ieri. Il suo leader, Mariano Rajoy, sarà quindi il prossimo primo ministro spagnolo, succedendo al socialista José Luis Rodriguez Zapatero. Il PP ha vinto con un significativo margine di vantaggio sugli avversari, ottenendo il 46 per cento dei voti e riuscendo ad assicurarsi 186 seggi nella camera bassa: la maggioranza assoluta. I socialisti si sono fermati al 29 per cento, conquistando così 110 seggi. La Spagna attraversa da mesi una profonda crisi economica, debito crescente, ripresa lenta e disoccupazione altissima: Rajoy si è detto “consapevole dell’enorme compito” davanti a sé e ha detto, ieri sera, che non bisogna attendersi miracoli ma impegnarsi in sforzi e sacrifici, tutti insieme.

La vittoria del Partito Popolare era data per scontata da analisti, osservatori e sondaggisti. Il Partito Socialista (PSOE) era da tempo in verticale crisi di consenso, e questa era stata una delle ragioni – insieme alle cattive condizioni economiche – per cui il premier uscente Zapatero aveva deciso di indire le elezioni anticipate e concludere il suo secondo mandato un anno prima della sua scadenza naturale. Il risultato era così scontato che durante il pomeriggio di ieri, diverse ore prima della chiusura dei seggi, un’enorme bandiera con scritto “Gracias” era stata esposta dalla sede del Partito Popolare, per essere poi rimossa pochi minuti dopo.

Il giorno dopo il voto, in Spagna, le discussioni aperte sono due. La prima riguarda il ruolo dei movimenti di protesta – quelli ribattezzati indignados dalla stampa – che hanno attratto significative porzioni di elettori socialisti delusi dal governo Zapatero, soprattutto giovani (in Spagna la disoccupazione giovanile ha da tempo superato il 40 per cento). Non è chiaro se e cosa il Partito Socialista avrebbe potuto fare per mantenere almeno parte di quei consensi, a fronte delle difficili condizioni economiche del Paese: alcuni analisti e commentatori sostengono che il PSOE avrebbe dovuto ascoltare di più i movimenti e sposare almeno in parte le loro tesi, dando loro rappresentanza e colmando così il divario di entusiasmo rispetto al Partito Popolare, all’opposizione da quasi dieci anni; altri sostengono invece che la vittoria dei conservatori dimostri come i movimenti non fossero rappresentativi degli umori dell’opinione pubblica, ma soltanto dei molti elettori di sinistra delusi.

Allo stesso modo, ci si chiede quale sarà il futuro di questi movimenti: se, come è probabile, le condizioni economiche spagnole rimarranno critiche almeno per qualche mese ancora, è possibile che il nuovo ruolo di opposizione del PSOE possa avvicinarlo alla piazza, unendo così il fronte contrario alle misure di Rajoy (che troverebbe così nei movimenti un avversario: fino a oggi sono stati quasi dei suoi alleati, con la loro richiesta di cambiamento e il logoramento dell’elettorato socialista).

L’altro dibattito in corso riguarda infatti proprio il futuro della Spagna. È opinione condivisa, infatti, che il Partito Popolare sia arrivato a questa straordinaria vittoria principalmente a causa delle complicate condizioni economiche del paese e della grande impopolarità di Zapatero e del PSOE, piuttosto che per la superiorità delle sue proposte economiche o il gradimento del suo leader, Mariano Rajoy, che era stato candidato e sconfitto alle ultime due elezioni legislative. Ci si interroga quindi sulle capacità del nuovo governo di tirare la Spagna fuori dalla crisi. Miguel Arias, co-coordinatore della campagna elettorale del Partito Popolare, ha detto dopo la vittoria elettorale una frase significativa. «Abbiamo vissuto in un paese molto ricco. La gente si è abituata a servizi pubblici di livello molto alto. Servirà tempo a tutti perché ci si renda conto che oggi siamo un paese povero, che abbiamo molti debiti e che per pagarli dovremo ridurre la spesa pubblica e riconquistare la fiducia dei mercati». Il leader del PSOE, Alfredo Perez Rubalcaba, sconfitto da Rajoy, ha accusato il Partito Popolare di voler tagliare massicciamente i fondi destinati ai servizi sanitari e all’istruzione. Nella sua ultima fase di governo il PSOE aveva già introdotto delle severe misure di austerità (che gli erano valse, tra l’altro, ulteriore malcontento tra i suoi elettori).

Il governo di José Luis Rodriguez Zapatero è diventato ieri ufficialmente il quinto governo europeo a essere sostituito prima della sua fine naturale a causa della crisi economica. Gli altri erano stati quello di Cowen in Irlanda, quello di Socrates in Portogallo, quello di Papandreou in Grecia e quello di Berlusconi in Italia. A questi cinque paesi europei si è fatto spesso riferimento con l’acronimo PIIGS, in quanto hanno rappresentato negli ultimi anni le economie europee più fragili, irresponsabili e spendaccione.

foto: AP Photo/Paul White