Capire lo spread

Dario Di Vico spiega come mai non è sceso, e perché le cose sono più complicate

Dario di Vico spiega sul Corriere quali sono i fattori che regolano lo spread e perché continuerà a scendere e a salire anche se «a Palazzo Chigi siederà un uomo stimato dalla City, conosciuto e apprezzato nelle cancellerie europee che contano».

Dopo spread dovremo forse fare l’abitudine a maneggiare un’altra espressione di derivazione anglosassone: investor strike, che in italiano suona come sciopero degli investitori. La si legge in molti report delle banche d’affari. Nel passaparola di lunedì tra gli operatori questa singolare forma di astensione è stata motivata così: «Sono caduti due governi in Grecia e in Italia, aspettiamo cosa succede dopo ma intanto non rinnoviamo i bond che scadono. È troppo rischioso». Ed è questa dunque l’amara verità con la quale deve fare i conti la gestazione del governo Monti. Non ci sono (finora) grandi firme della consulenza finanziaria pronte a spendersi per l’Italia, non ci sono mani forti disposte a comprare i nostri Btp, mancano soggetti economici di peso che abbiano interesse a incrementare le loro posizioni. Ed è un guaio destinato a non esaurirsi in un giorno. E comunque qualora ci fosse stato qualcuno incline ad acquistare i nostri bond, ci ha pensato Christian Clausen, numero uno della European banking federation, a metterlo in fuga. Con un’intervista ha mandato agli istituti di credito un input preciso: pensate a ridurre il vostro portafoglio se non volete «essere risucchiati nell’epicentro della crisi». Venerdì scorso il rimbalzo dello spread si era avuto perché operatori importanti come Soros o Fidelity si erano ricoperti, lunedì nessuno ha fatto altrettanto. E le banche italiane che magari avrebbero potuto comprare sono già così piene di titoli di Stato che caso mai accade il contrario, si mettono in moto meccanismi quasi automatici che impediscono loro di emettere ordini di acquisto.

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