• Italia
  • Lunedì 14 novembre 2011

Meno voto ai vecchi?

Due giornalisti del Corriere della Sera propongono un dibattito su nuovi meccanismi di compensazione contro la gerontocrazia

Polish Prime Minister Donald Tusk(R) with his daughter Katarzyna watches a woman with a child cast her ballot in one of a polling stations in Warsaw during the parliamentary elections on October 9, 2011. On Sunday Polish citizens will elect a new parliament, deciding mainly between the ruling Civic Platform party and the oppositional Law and Justice party.AFP PHOTO / JANEK SKARZYNSKI (Photo credit should read JANEK SKARZYNSKI/AFP/Getty Images)

Polish Prime Minister Donald Tusk(R) with his daughter Katarzyna watches a woman with a child cast her ballot in one of a polling stations in Warsaw during the parliamentary elections on October 9, 2011. On Sunday Polish citizens will elect a new parliament, deciding mainly between the ruling Civic Platform party and the oppositional Law and Justice party.AFP PHOTO / JANEK SKARZYNSKI (Photo credit should read JANEK SKARZYNSKI/AFP/Getty Images)

L’articolo di apertura del nuovo inserto culturale domenicale del Corriere della Sera questa settimana è dedicato a una provocatoria ma competente e argomentata analisi-proposta di Federico Fubini e Danilo Taino, a proposito del rapporto della democrazia con l’invecchiamento della popolazione e la gerontocrazia. Fubini e Taino si chiedono se non possano essere introdotti dei meccanismi di compensazione sul valore del voto per limitare la discriminazione del potere democratico nei confronti dei più giovani.

Fate figli, conterete di più! O lasciate almeno che i figli e i nipoti degli altri contino di più essi stessi. Demografia e democrazia – entrambe con parecchi problemi – congiurano perché questo diventi lo slogan dei prossimi anni. In Europa e ancora di più in Italia, la popolazione invecchia e spinge sotto al tappeto i diritti delle generazioni future; e la politica non sa più rispondere all’indignazione dei giovani. Dunque, magari con diritti rafforzati rispetto agli adulti, facciamo votare i ragazzi. E perché no anche i bambini. Il mondo in crisi, sfidato dai rivolgimenti della globalizzazione dei Paesi giovani ha bisogno di idee nuove. Eccone una: che i genitori abbiano un voto – o qualche decimale di voto – per ciascuno dei loro figli, da aggiungere al proprio. Fino a quando i ragazzi non raggiungono l’età per mettere essi stessi la scheda nell’urna, magari abbassata rispetto ai 18 anni prevalenti nelle democrazie oggi. Un voto per procura.

Ed eccone un’altra, impensabile solo una generazione fa ma non così illogica oggi: dare ai giovani, magari under 30, un voto rafforzato. La scheda nell’urna di un sessantenne conta uno? Allora permettiamo che quella di un ventenne conti magari 1,2, e di un trentenne almeno 1,1. La composizione demografica del Paese dice in realtà che si tratterebbe solo di un riequilibrio. Quello italiano è ormai uno dei popoli più anziani del pianeta, con un’età mediana di 43,5 anni e un tasso di fertilità al 201esimo posto su 222. Già oggi i votanti sopra l’età media della pensione di anzianità (over 58) potrebbero dar vita al partito di maggioranza relativa, un “elefante bianco” peraltro destinato a rafforzarsi: tra quattro decenni gli ultrasessantenni in Italia saranno 9,5 milioni in più, e gli “under60”sei milioni in meno. È una platea di elettori che spinge partiti e sindacati a fare “politiche per vecchi” pur di rastrellare consensi, sacrificando (ancora di più) i giovani e scaricando su di loro i costi delle scelte a favore degli anziani. Ma la demografia non è facile da correggere. Allora, correggiamo il sistema di voto: più peso a chi sopporterà più a lungo nelle vita le conseguenze di qualunque decisione sul debito, sulle pensioni, le tasse e i sistemi di welfare.

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