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  • Venerdì 11 novembre 2011

Quattro motivi per stare tranquilli

"L'Italia non è la Grecia" è diventato un luogo comune, ma è vero

L’Italia ha molte ragioni per essere preoccupata dalla sua situazione economica, che compongono un elenco che in questi giorni viene ripetuto fino allo sfinimento: la crescita dei rendimenti dei titoli di Stato che rende più difficile finanziare il debito pubblico, l’evasione fiscale, l’eccessiva burocratizzazione, il peso della spesa pubblica, le disuguaglianze sociali, la scarsa crescita complessiva dell’economia negli ultimi anni. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, il PIL pro capite italiano (la quota della ricchezza complessiva della nazione per ogni abitante) è calato negli ultimi dieci anni dello 0,3 per cento, uno dei dati peggiori del mondo. In tutto questo gran casino, l’Economist questa settimana ha deciso di fare un’operazione controcorrente, elencando le quattro ragioni per cui gli italiani possono comunque stare tranquilli.

1. Un grande mercato
Per quanto possa sembrare paradossale, l’enormità del nostro debito pubblico è in parte la nostra salvezza. Il debito pubblico italiano è il terzo più grande del mondo. Non è formato interamente dai titoli di Stato, ma questi pesavano, a fine 2010, per 1.548 miliardi di euro su 1843. Ci sono pochi altri mercati nel mondo così grandi: quello tedesco è più piccolo, per esempio, e quindi una lunga fila di compratori per i Bund tedeschi causa un abbassamento dei rendimenti nei titoli di Stato tedeschi, che stanno raggiungendo dei minimi storici. In altre parole, ci sono soltanto pochi paesi che non hanno ancora seri problemi a pagare e garantiscono rendimenti relativamente alti.

2. Un debito “stabile”
Il debito pubblico italiano è gigantesco, intorno al 120 per cento del totale della ricchezza prodotta nel paese in un anno, ma è su quei livelli (diciamo oltre il 100 per cento) da quasi vent’anni, con cambiamenti relativamente contenuti e una lunga fase di lento miglioramento. Grecia, Portogallo e Irlanda hanno invece avuto un’esplosione dei livelli del debito rapida e improvvisa dall’inizio della crisi.

3. Pochi debiti con l’estero
Rispetto agli altri paesi colpiti dalla crisi, l’Italia ha un indebitamento estero netto relativamente basso. L’indebitamento estero netto è il totale di quanto i governi e gli investitori stranieri possiedono in Italia, meno quanto il governo e gli investitori italiani possiedono all’estero. Nel 2010 questa cifra era del 24 per cento del PIL, non molto di più di Regno Unito e Stati Uniti e molto meno di Grecia (96 per cento), Portogallo (107 per cento) e Spagna (90 per cento). La spiegazione dei livelli di indebitamento con l’estero sta nel meccanismo che ha portato i capitali degli investitori dei paesi “forti”, come la Germania, verso quelli a economia più debole, periferici, ma di cui l’Italia non ha fatto parte.

4. Il punto di non ritorno non esiste
O meglio, potrebbe essere ancora decisamente lontano. In questi giorni si è parlato molto, anche da parte di autorevoli esponenti politici, dell’innalzamento dello spread con i Bund tedeschi, e del fatto che oltre una certa soglia (inizialmente 450 punti base, poi alzato a 500 o a 600 o ad altri ancora) il debito italiano diventerebbe “insostenibile”. In realtà, il default di un paese accade solamente quando nessuno è più disposto a prestargli denaro, e questo dipende da moltissimi fattori che tengono conto della situazione economica complessiva del paese.
Quanto ai meri dati numerici, bisogna ridimensionare anche le conseguenze dell’aumento degli interessi sui titoli di Stato. Questi hanno diverse scadenze: l’Italia sta ancora pagando obbligazioni trentennali emesse nel 1981, ovviamente con i tassi di interesse che promise allora. Allo stesso modo, l’aumento degli interessi degli ultimi mesi interesserà solo quella parte del debito pubblico che si è creata negli ultimi mesi, e che pagheremo solo in futuro, con diverse scadenze. Finora, l’aumento degli interessi ha avuto un impatto molto relativo, nell’ordine di una quindicina miliardi di euro di maggiori spese che pagheremo di qui ai prossimi tre anni. Sempre un mucchio di soldi, ma rispetto ai 1843 miliardi di euro complessivi poca roba.

La crisi italiana spiegata al mondo, una spiegazione del perché, nonostante i motivi di speranza, siamo arrivati a questo punto

foto: GERARD JULIEN/AFP/Getty Images