La lettera di Montezemolo a Repubblica

"Le elezioni non rappresenterebbero una soluzione", dice, e propone cinque cose su cui trovare "una ampia condivisione"

Luca Cordero di Montezemolo ha scritto una lettera a Repubblica per proporre cinque misure da adottare il prima possibile per far uscire l’Italia dalla crisi.

Da maggioranza e opposizione non arrivano risposte adeguate. Il governo è paralizzato da conflitti interni. L’opposizione ha una linea di politica economica confusa e non è in grado di garantire quanto richiesto dall’Europa. Le elezioni non rappresenterebbero dunque una soluzione e paralizzerebbero il paese.

La lettera all’Unione europea è manifestamente insufficiente rispetto alla gravità della situazione. Le tensioni che percorrono l’Italia non consentono di affrontare i problemi con soluzioni parziali, che diano l’impressione di riservare i sacrifici solo a una parte dei cittadini, magari proprio quelli che non votano i partiti di governo. Con questo metodo l’Italia rischierebbe di esplodere. Esiste oggi una ampia condivisione, da parte di cittadini e di esponenti politici moderati e riformisti, sulle misure prioritarie da adottare.

1. Prima di chiedere ulteriori sacrifici ai cittadini, la politica e le istituzioni devono mettere mano ai loro stessi costi, partendo dal numero dei parlamentari, dall’abolizione delle province e degli altri enti inutili. Non ci vuole una legge costituzionale per abolire il novanta per cento delle province. E poi varando una “patrimoniale sullo Stato”, una vendita massiccia di cespiti pubblici che vada ben oltre quanto attualmente prospettato dal governo.

2. Lavoro. Non possiamo chiedere più flessibilità in uscita senza affrontare il problema del precariato permanente e la riforma degli ammortizzatori sociali. La proposta Ichino è del tutto condivisibile e attuabile, ma va presa nella sua interezza. Bisogna abolire i contratti a termine (mantenendo solo quelli fisiologici e stagionali), sostituendoli con un contratto unico, che consenta il licenziamento per motivi economici o organizzativi, ma che protegga il lavoratore dalle discriminazioni, gli eviti di dover rincorrere rinnovi periodici e lo supporti in caso di perdita del lavoro. I lavoratori che attualmente godono di un contratto a tempo indeterminato, protetto dall’art.18, continuerebbero a beneficiare di una protezione più ampia rispetto ai giovani lavoratori, ma in cambio dovrebbero andare in pensione più tardi, contribuendo così a finanziare i nuovi ammortizzatori sociali.

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