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  • Domenica 30 ottobre 2011

Come vanno le cose in Siria

Molto male: negli ultimi due giorni sono morte quasi cento persone e si teme la guerra civile tra sostenitori e rivali di Assad

(AP Photo/Mohammed Abu Zaid)

(AP Photo/Mohammed Abu Zaid)

Nonostante i proclami rassicuranti del presidente Bashar al Assad, in Siria la tensione è sempre più alta. Ieri e soprattutto venerdì saranno ricordati come alcuni tra i più sanguinosi giorni della rivolta iniziata lo scorso marzo. Venerdì, dopo la consueta preghiera islamica, sarebbero stati uccise circa 40 persone che erano scese in piazza per protestare in ben 170 città del paese. I fatti più gravi si sono verificati a Homs, una delle città più violente negli ultimi mesi, dove le connessioni telefoniche e internet sono andate a singhiozzo e a un certo punto, secondo i racconti degli attivisti, l’esercito siriano ha sparato deliberatamente su una folla di duemila persone.

Ieri, invece, sono stati uccise altre 20 persone ad Hama e Homs, dove in periferia si sono verificati durissimi scontri tra l’esercito e decine di disertori che hanno causato almeno 20 morti e 53 feriti. Altri dieci soldati e un disertore, inoltre, sarebbero morti in un’imboscata nella zona di Idlib, a nord del paese al confine con la Turchia, dove un autobus di soldati siriani sarebbe stato attaccato da un gruppo di disertori.

La rivolta dunque è entrata ufficialmente in nuova fase più violenta e il rischio di una guerra civile è sempre più alto. Come ha scritto l’analista Juan Cole, “siamo ancora lontani da una vera e propria guerra settaria. Tuttavia, è chiaro che i militari disertori stanno già cambiando la natura dell’opposizione”. In Siria sarebbe già attivo un grande esercito parallelo antigovernativo, il “Syria Free Army” (l’esercito di liberazione della Siria), di cui però si ignora il numero effettivo di militari coinvolti.

Oggi, intanto, Assad ha concesso la prima intervista a un giornalista occidentale, nella fattispecie ad Andrew Gilligan del Sunday Telegraph, in cui ha minacciato l’Occidente sulle conseguenze catastrofiche di un intervento militare in Siria: sarebbe, secondo Assad, “un terremoto che destabilizzerebbe l’intera regione. La Siria in Medio Oriente riveste una posizione cruciale. Volete un altro Afghanistan? O altri Afghanistan?”. Il presidente siriano ha poi dichiarato che “da quando il popolo ha capito che faremo le riforme annunciate sono diminuiti i nostri problemi. Noi intanto continueremo a combattere gli islamisti”. Tra le riforme – promesse già decine di volte, negli ultimi mesi, ma ancora soltanto su carta – sono annoverate il multipartitismo e il diritto di manifestare e proprio oggi il governo siriano ha annunciato per domani la formazione di una commissione che stilerà una nuova bozza costituzionale entro quattro mesi.

Nonostante l’ultimo appello del segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon per fermare le violenze, e quello di sempre più manifestanti siriani che a differenza del passato ora vorrebbero una no-fly zone sul loro paese per proteggere i civili, un intervento militare della NATO è da intendersi ancora un’ipotesi fantascientifica. Russia e Cina sono più che mai risolute nella loro opposizione, lodata dallo stesso Assad in un’altra intervista concessa oggi a una tv russa, e la Lega Araba non sembra avere né la forza né la convinzione necessarie per mettere alle strette il presidente siriano. Oggi in Qatar ci sarà un altro meeting tra la Lega Araba e i rappresentanti siriani per cercare una soluzione e fermare le violenze, dopo i “colloqui franchi e amichevoli” dei ministri degli esteri di Qatar, Egitto, Algeria, Oman, e Yemen con Assad di mercoledì scorso.

I numeri della rivolta in Siria

– 3,000 civili morti secondo le Nazioni Unite

– 10.000 siriani fuggiti in Turchia

– 4.000 siriani fuggiti in Libano

– 5.000 persone scomparse

– 80.000 persone arrestate da metà marzo, di queste circa 40.000 sarebbero ancora detenute