La crisi di Berlino del 1961

Cinquant'anni fa carri armati russi e americani si sfidavano al checkpoint Charlie: le foto e la storia del più pericoloso episodio della Guerra Fredda in Europa

U.S. Army tanks, foreground, at Checkpoint Charlie, and Soviet Army tanks, opposite, face each other in the most dangerous of several crises at the Friedrichstrasse checkpoint in Berlin during the Cold War, Oct. 28, 1961. The armor remained in position for more than 16 hours at one of the few crossing points in the wall that divided Communist East Berlin and West Berlin. The Russians retreated to a ruined royal palace while the Americans moved to a bombed site. (AP Photo/Kreusch)

U.S. Army tanks, foreground, at Checkpoint Charlie, and Soviet Army tanks, opposite, face each other in the most dangerous of several crises at the Friedrichstrasse checkpoint in Berlin during the Cold War, Oct. 28, 1961. The armor remained in position for more than 16 hours at one of the few crossing points in the wall that divided Communist East Berlin and West Berlin. The Russians retreated to a ruined royal palace while the Americans moved to a bombed site. (AP Photo/Kreusch)

Tra i molti momenti di tensione della Guerra Fredda, quello più famoso è la crisi dei missili a Cuba, iniziata il 15 ottobre del 1962 e terminata 13 giorni dopo. L’Unione sovietica aveva schierato segretamente dei missili per proteggere Cuba dai tentativi di invasione statunitense. Il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy aveva risposto imponendo il blocco navale e dando un ultimatum alla Russia. La situazione si era sbloccata dopo giorni di grande tensione: il presidente sovietico Nikita Kruscev diede l’ordine di ritirare i missili in cambio dell’impegno degli Stati Uniti a non invadere Cuba e a ritirare dalla Turchia i missili Jupiter, puntati verso l’Unione Sovietica.

Soltanto un anno prima però i rapporti tra le due superpotenze avevano conosciuto un altro momento di forte tensione, a causa di un episodio che non viene spesso ricordato e che è accaduto esattamente 50 anni fa: per 16 ore, dal 27 al 28 ottobre del 1961 i carri armati statunitensi e quelli sovietici si affrontarono – per la prima e unica volta durante il conflitto – da una parte e dall’altra di Berlino, da poco divisa dal muro, rischiando di provocare un nuovo conflitto mondiale.

Il Guardian racconta in un articolo la vicenda, spiegando che in seguito alla costruzione del muro gli abitanti di Berlino ovest potevano andare a Berlino est con un permesso speciale attraverso il checkpoint Charlie. L’accordo di Potsdam del 1945 aveva stabilito che il personale degli Alleati aveva piena libertà di movimento in qualsiasi settore della città e che non poteva venire fermato dalla polizia tedesca. Il 22 ottobre del 1961 E. Allan Lightner, il diplomatico statunitense di più alto grado a Berlino Ovest, si trovava in macchina insieme alla moglie diretto a un teatro di Berlino Est e venne fermato dalle guardie della DDR al checkpoint Charlie. I due si rifiutarono di mostrare i loro passaporti e furono costretti a tornare indietro.

La situazione venne presa in mano dall’ex generale dell’esercito americano Lucius D. Clay. Clay era il consigliere speciale del presidente John F. Kennedy a Berlino Ovest. Tra il 1947 e il 1949 era stato il governatore militare della zona americana di Berlino e nel 1948 aveva avuto l’idea del ponte aereo che aveva inviato rifornimenti a Berlino Ovest durante il blocco. Clay ordinò che i diplomatici americani che volevano entrare a Berlino Est venissero scortati da soldati americani su delle jeep. Quando il giorno dopo le guardie tedesche chiesero i documenti a un diplomatico alleato al checkpoint Charlie videro arrivare una jeep di soldati americani coi fucili imbracciati, che accompagnò il diplomatico oltre il checkpoint e tornò indietro.

La scena si ripeté nei giorni successivi. Visto che le guardie tedesche rivendicavano il loro diritto di controllare i funzionari stranieri che entravano a Berlino Est, Clay ordinò a dieci carri armati americani M48 di dirigersi verso il checkpoint Charlie, dove si fermarono a circa 75 metri dal confine. L’allora leader dell’Unione Sovietica, Nikita Kruscev, decise allora di inviare lo stesso numero di carri armati russi che si fermarono alla stessa distanza del confine, ovviamente nella zona est. Lì rimasero per 16 ore, ad armi spiegate. I soldati di entrambe le parti avevano l’ordine di rispondere al fuoco e molti temevano che a causa della stanchezza o del nervosismo un soldato potesse sparare inavvertitamente un colpo e innescare una sparatoria e, forse, una guerra.

Sia i russi che gli americani si resero conto che la situazione gli era sfuggita di mano. Il presidente Kennedy ricordò al generale Clay che Berlino non era così importante da rischiare un conflitto con Mosca e parlò con Kruscev per cercare di disinnescare la crisi. Anche Kruscev non era interessato a far scoppiare una crisi per Berlino e, in cambio della promessa da parte di Kennedy di non invadere Berlino Est, garantì ai diplomatici e ai soldati occidentali il libero accesso alla città. Verso le 11 di mattina, i sovietici spostarono uno dei loro carri armati dallo schieramento davanti al checkpoint Charlie e qualche minuto dopo se ne andò anche un carro armato americano. Continuarono così finché tutti i carri armati vennero ritirati.

Da quel momento, conclude il Guardian, gli alleati andarono liberamente all’opera a Berlino Est e lo stesso fecero i diplomatici e i soldati sovietici a Berlino Ovest, fino alla caduta del muro.

Tutti gli articoli del Post su Berlino
– L’omino dei semafori di Berlino
, la storia dell’Ampelmännchen, simbolo della capitale tedesca