Chi era Dj Mehdi

Da rapper delle periferie di Parigi a famoso dj di New York, la storia di Mehdi Favéris-Essadi, morto il 13 settembre

di Carlo Toscan

INDIO, CA – APRIL 26: Dj Mehdi performs during day 1 of the Coachella Valley Music and Arts Festival at the Empire Polo Field on April 26, 2008 in Indio, California. (Photo by Charley Gallay/Getty Images)

INDIO, CA – APRIL 26: Dj Mehdi performs during day 1 of the Coachella Valley Music and Arts Festival at the Empire Polo Field on April 26, 2008 in Indio, California. (Photo by Charley Gallay/Getty Images)

ll dj e produttore musicale francese Dj Mehdi è morto il 13 settembre a 34 anni, nel crollo del tetto della sua casa di Parigi. Di origine tunisina, Mehdi Favéris-Essadi era nato a Gennevilliers, nella banlieue nord di Parigi. Quando nei primi anni Novanta il rap era diventato la forma di espressione del malessere di chi viveva nelle periferie, Dj Mehdi era il beatmaker del gruppo Ideal J, e prima di compiere 18 anni aveva composto tutte le basi musicali del loro primo disco, Original Mc’s sur une mission, pubblicato nel 1996.

La proiezione al festival di Cannes del 1995 del film L’Odio, di Mathieu Kassovitz, aveva portato la realtà delle banlieues e la cultura urbana fuori dai ghetti. L’impatto era stato violento, ma alla paura si alternava la fascinazione, e dalla metà degli anni Novanta molti ragazzini del centro di Parigi cominciavano a imitare lo stile e il linguaggio di quelli di periferia. Il rap era diventato di moda e DJ Mehdi, che era membro e coordinatore del collettivo di rapper Mafia K’1-Fry (che suona come africain al contrario, quindi “Mafia africana”), aveva scritto le basi per il gruppo 113.

Con il loro primo disco, Le princes de la ville (I principi della città) che aveva venduto 450mila copie, i 113 avevano vinto il premio come miglior rivelazione musicale dell’anno alle Victoires de la musique del 2000, un riconoscimento che non era mai stato assegnato a un gruppo rap prima di loro. Mehdi era già molto famoso in quel periodo, anche se non amava farsi intervistare, riprendere o fotografare. “Tonton du Bled” (“lo zio del paesino”), il singolo composto da lui e interpretato dai 113, che racconta della migrazione delle famiglie di origine magrebina verso i paesini di provenienza durante le vacanze estive, era diventato un inno identitario. Tutti i ragazzi francesi di seconda generazione riconoscevano il costante senso di non appartenenza del sentirsi “francesi” tra i parenti arabi, e “arabi” tra i francesi, di cui si parla nella canzone.

Mentre il rap entrava nel repertorio delle radio commerciali, Mehdi aveva cominciato a sperimentare un altro genere: l’elettronica. Collaborava con Thomas Bangalter dei Daft Punk per una canzone del secondo disco dei 113, “Fout la merde”, uscita nel 2002.

Nello stesso anno Mehdi aveva pubblicato il suo primo progetto personale, (The Story of) Espion, un disco interamente elettronico. Durante un’intervista tv rilasciata per la promozione del disco, un conduttore gli aveva chiesto: «E i tuoi amici del ghetto cosa pensano ora che fai musica da fighetto? Ti hanno voltato le spalle?». Sobrio ma stizzito, Mehdi aveva risposto in un francese senza tracce gergali che «No, loro rispettano quello che faccio e viceversa».

Il disco non aveva avuto molto successo, ma Mehdi era riuscito lo stesso a farsi un nome nel mondo dell’elettronica londinese. Il suo terzo lavoro da solista, Lucky Boy, era uscito per Ed Banger Records, la prestigiosa etichetta fondata dal suo amico Pedro Winter (noto come DJ Busy-P). I due si erano uniti ai più noti Cassius e Justice e avevano quindi fondato i Club 75. Nel 2010 il gruppo di dj si è esibito in un set che ha segnato le memorie al festival californiano di Coachella. A ufficializzare il suo approdo negli Stati Uniti, infine, lo scorso anno Mehdi era stato invitato ad apparire nel video di “Barbra Streisand” dei Duck Sauce: il dj che appare al minuto 1:12 era lui.

(Charley Gallay/Getty Images)