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  • Lunedì 12 settembre 2011

La visita di Paul Kagame in Francia

Il presidente del Ruanda è arrivato ieri a Parigi, per la prima volta dal genocidio del 1994 e dalle relative accuse ai soldati francesi

French President Nicoals sarkozy (L) welcomes President Paul Kagame of Rwanda at the Elysee Palace on September 12, 2011 in Paris, prior to a lunch. Kagame began his first visit to France since the 1994 genocide the day before, looking to repair ties despite controversy over Paris’ role in his country’s troubled past. AFP PHOTO / FRED DUFOUR (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP/Getty Images)

French President Nicoals sarkozy (L) welcomes President Paul Kagame of Rwanda at the Elysee Palace on September 12, 2011 in Paris, prior to a lunch. Kagame began his first visit to France since the 1994 genocide the day before, looking to repair ties despite controversy over Paris’ role in his country’s troubled past. AFP PHOTO / FRED DUFOUR (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP/Getty Images)

Ieri, domenica 11 settembre, il presidente del Ruanda Paul Kagame è arrivato in Francia per la sua prima visita ufficiale dopo il genocidio avvenuto nel suo paese nel 1994. La visita è un tentativo di riconciliazione tra i due paesi, dopo che il Ruanda per anni ha accusato le truppe francesi di aver preso parte al massacro di oltre 800.000 persone – soprattutto di etnia tutsi – portata avanti dal regime hutu e dai suoi sostenitori.

Kagame e Sarkozy si sono incontrati oggi all’Eliseo per “sviluppare una collaborazione tra i due paesi e per rafforzare i loro legami”, ha spiegato un collaboratore di Sarkozy. Ieri Kagame è stato accolto a Parigi da più di 2.000 ruandesi espatriati in Francia. Li ha invitati a far parte della ricostruzione del Ruanda e ha anche parlato del rapporto con la Francia, dicendo che «stiamo lavorando insieme per cercare di lasciarci la storia alle spalle e andare avanti. Alcune persone invece sono contrarie a questo processo ma noi siamo andati oltre a questa spregevole politica di ostilità».

La Francia ha sempre respinto le accuse del Ruanda e nel 2006 un giudice francese ha accusato Kagame – che è un tutsi – e i suoi alleati di aver ucciso il presidente ruandese Juvénal Habyarimana, di etnia Hutu. La morte del presidente, avvenuta il 6 aprile del 1994, ha innescato il genocidio. Kagame ha guidato le milizie che hanno deposto il governo Hutu, nel luglio del 1994 è stato nominato vicepresidente e poi presidente dall’assemblea nazionale. Le prime elezioni si sono tenute nel 2003 e Kagame è stato confermato presidente con il 95 per cento dei voti.

L’arrivo di Kagame in Francia è accompagnato da numerose polemiche. In primo luogo ci sono i gruppi per i diritti umani che lo accusano di essere al potere da molto tempo – 17 anni – e di diventare sempre più autoritario. La visita ha fatto infuriare anche molti ufficiali francesi che hanno chiesto più volte il ritiro del rapporto Mucyo, in cui il Ruanda accusa i soldati francesi di aver addestrato e armato le milizie Hutu e di aver partecipato allo sterminio e agli stupri. Un altro sintomo della tensione è dato dall’assenza del ministro degli Esteri francese Alain Juppe, che è tra le persone accusate di complicità nel massacro e che in questi giorni si trova impegnato in un viaggio all’estero.

Da quando Sarkozy è diventato presidente, nel 2007, ha sempre cercato di voltare pagina e ristabilire buoni rapporti con il Ruanda, sia per rimediare alla figuraccia internazionale della Francia – che è stata criticata dalla comunità internazionale per non aver cercato di fermare il massacro – sia per rafforzare la sua influenza nella regione africana dei Grandi Laghi, sempre più in crisi. Nel 2010 Sarkozy ha visitato il Ruanda e in quell’occasione ha detto che la Francia ha commesso alcuni errori e che è stata «in qualche modo cieca» davanti al genocidio. Contrariamente al Belgio però, la Francia non ha mai chiesto scusa per aver abbandonato i civili tutsi al massacro. Il processo di avvicinamento tra i due paesi è favorito dal progressivo indebolimento internazionale di Kagame, che si trova isolato nella regione africana e progressivamente abbandonato dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, preoccupati per il suo crescente autoritarismo.