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  • Venerdì 2 settembre 2011

“Vedete di crescere”

La faccenda del discorso di Obama rinviato dai repubblicani spazientisce il New York Times

US President Barack Obama speaks with US Speaker of the House John Boehner during a meeting in the Cabinet Room at the White House in Washington, DC, on July 23, 2011. Obama summoned top lawmakers for crisis talks Saturday on averting an August debt default that could send shockwaves through the fragile global economy. With an August 2 deadline fast approaching, Obama warned that polarized lawmakers must have a plan for raising the $14.3 trillion US debt ceiling by the time world markets pass judgment Monday on the stalemate. AFP Photo/Jewel Samad (Photo credit should read JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images)
US President Barack Obama speaks with US Speaker of the House John Boehner during a meeting in the Cabinet Room at the White House in Washington, DC, on July 23, 2011. Obama summoned top lawmakers for crisis talks Saturday on averting an August debt default that could send shockwaves through the fragile global economy. With an August 2 deadline fast approaching, Obama warned that polarized lawmakers must have a plan for raising the $14.3 trillion US debt ceiling by the time world markets pass judgment Monday on the stalemate. AFP Photo/Jewel Samad (Photo credit should read JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images)

Negli Stati Uniti si litiga e si discute ancora molto per la faccenda del discorso rinviato di Obama, di cui avevamo parlato ieri. In sintesi, mercoledì scorso la Casa Bianca aveva chiesto, come da prassi, di potersi rivolgere alla Camera e al Senato in seduta congiunta per un atteso e già annunciato discorso sull’occupazione e la salute dell’economia americana. La Casa Bianca aveva chiesto di parlare mercoledì 7 settembre, il giorno in cui il Congresso riprenderà le sue attività dopo la pausa estiva, e di norma la richiesta è semplicemente una formalità: stavolta, però, per la prima volta nella storia, il presidente della Camera – il repubblicano John Boehner – ha preso carta e penna e ha detto alla Casa Bianca, in sintesi, “no, facciamo un’altra volta”.

Boehner ha scritto alla Casa Bianca che ci sono dei voti programmati per le 18:30 e dato che un discorso del presidente ha bisogno di tre ore di preparazione dell’edificio, per mettere in piedi le necessarie misure di sicurezza, sarebbe stato meglio spostare il dibattito al giorno dopo. Al di là delle spiegazioni logistiche, il punto centrale è che la sera del 7 settembre si terrà un importante dibattito tra i candidati alle primarie repubblicane: ospitato dalla Ronald Reagan Library, sarà il primo a cui parteciperà il governatore del Texas Rick Perry e il primo senza Tim Pawlenty, che ha ritirato la sua candidatura dopo lo straw poll dell’Iowa. La Casa Bianca si è infuriata ma alla fine non ha avuto grandi alternative e ha spostato il discorso alla sera del giorno seguente, che tra l’altro è la sera dell’inizio del campionato di football americano.

Oggi Politico fornisce una ricostruzione che cerca di chiarire meglio quanto accaduto, basandosi sul racconto di una fonte all’interno dell’amministrazione Obama. È la versione della Casa Bianca, quindi. La Casa Bianca sapeva del dibattito presidenziale repubblicano, ovviamente, ma non lo considerava un ostacolo: «Con tutto il rispetto, il dibattito andava sulla tv via cavo, non era una cosa sacra. Sapevamo che si sarebbero arrabbiati e sapevamo pure che questo avrebbe trasformato il dibattito repubblicano in una gara a insultare il presidente. Insomma, non è che per noi ci fossero solo lati positivi”. La parte più interessante della ricostruzione è quella in cui si spiega che il capo dello staff della Casa Bianca e John Boehner fossero d’accordo sul tenere il discorso mercoledì sera. Soltanto dopo Boehner ha cambiato idea. Dopo cosa?

«Dopo che Rush Limbaugh ha sculacciato Boehner». Rush Limbaugh è lo speaker radiofonico idolo degli ultraconservatori che poco dopo l’annuncio del discorso per mercoledì ha detto: «Questo è un discorso di pura campagna elettorale. Dare a questo comizio l’autorevolezza di una sessione congiunta del Congresso? Manco per sogno, non se lo merita. Boehner deve dire no. Se poi davvero lo farà, non lo so». A quel punto, poco dopo, Boehner rifiuta l’invito del presidente, dice di non avere mai accettato la data di mercoledì e suggerisce di rinviare il tutto a giovedì. «Questioni di sicurezza?», dice la fonte della Casa Bianca a Politico. «Come se non ci fosse stato il tempo! Questa è stata una decisione strumentale, una cosa da tea party, da Rush Limbaugh. Sono loro che danno benzina a Boehner». Alternative non ce ne sono: non si può tenere un discorso da 40 minuti da un posto immobile come lo Studio Ovale, né pensare che una qualsiasi biblioteca nazionale possa avere l’appeal e la copertura mediatica del Congresso riunito in seduta congiunta.

L’ennesima rissa tra la Casa Bianca e i repubblicani sta molto spazientendo parte della stampa americana, e l’esempio più vistoso di questo sentimento è l’editoriale di oggi sul New York Times, dal titolo eloquente che dà il titolo anche a questo articolo.

Ogni volta che pensiamo che Washington non possa essere più cinica di così, scopriamo di avere torto. Quindi resisteremo alla tentazione di dire che non riusciamo a immaginare niente di più squallido della lite riguardo il discorso di Obama al Congresso.

Il New York Times giudica “spaventoso” il comportamento di John Boehner e “desolante” l’ennesima resa di Obama a fronte dell’opposizione frontale dei repubblicani. Se la Casa Bianca aveva fissato il discorso il 7 settembre apposta per oscurare il dibattito repubblicano ha fatto una cosa “vergognosa”, scrive il New York Times, “e quindi?” Il discorso doveva tenersi comunque mercoledì 7.

Un giorno non farà la differenza, ma lo spettacolo offerto e il risultato finale sottolineano per l’ennesima volta la debolezza del presidente. Peggio ancora, l’importanza vitale del discorso – e la necessità per il Congresso di prendersi le proprie responsabilità a proposito dell’occupazione – sono state messe in ombra dall’ennesima telenovela di Washington.

foto: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images