Che cosa sono gli eurobond

Guida alla proposta per risolvere la crisi di cui si sta discutendo molto in questi giorni

Una delle soluzioni che sono state proposte per risolvere la crisi finanziaria che sta colpendo diversi paesi europei è quella degli eurobond: il ministro dell’Economia italiano, Giulio Tremonti, è un grande sostenitore della proposta, mentre negli ultimi giorni, da quando l’idea è entrata nel dibattito politico europeo, ci sono state ferme prese di posizione contrarie da parte della Germania e della Francia. Ma che cosa sono gli eurobond?

Gli eurobond: un’obbligazione “collettiva”
La crisi delle ultime settimane è anzitutto una crisi di fiducia dei mercati nella solidità e nella tenuta dei conti di alcuni governi europei, in primo luogo la Spagna e l’Italia, dopo che altre economie più deboli erano già entrate in profonda crisi nei mesi passati (Grecia, Portogallo, Irlanda). La mancanza di fiducia dei mercati ha imposto che, per farsi prestare i soldi di cui hanno bisogno gli stati per finanziare il debito pubblico, alcuni governi abbiano dovuto alzare il rendimento dei loro titoli obbligazionari, ovvero il guadagno promesso per il futuro agli investitori. Così, mentre la Germania vende i suoi titoli di stato decennali (i Bund) promettendo un rendimento di poco superiore al 3%, l’Italia ha dovuto spesso superare il 6% per i BTP a dieci anni (la differenza è il famoso spread).

Attualmente, quindi, ogni stato garantisce per sé della tenuta e della solidità della propria economia. L’idea dell’eurobond è di emettere titoli di Stato garantiti da tutti i paesi che fanno parte dell’euro, che sono diciassette. I titoli sarebbero emessi da un’apposita Agenzia europea per il debito, creando un nuovo e gigantesco mercato delle obbligazioni.

Primo sostenitore dell’idea fu il politico ed economista francese Jacques Delors, presidente della Commissione Europea dal 1985 al 1995 (e padre dell’attuale leader dei socialisti francesi Martine Aubry), che nei primi anni Novanta pensò le obbligazioni europee come un modo per finanziare grandi piani di infrastrutture europee.

I vantaggi
Tra i diciassette paesi dell’euro, molti fanno parte del ristretto numero di paesi che hanno un rating “AAA”, ovvero che hanno una particolare solidità nei conti pubblici e che quindi offrono un’ottima garanzia per i loro prestiti. Tra i paesi dell’euro, si tratta di Olanda, Austria, Finlandia e soprattutto Germania e Francia. I nuovi eurobond, probabilmente, avrebbero anche loro la valutazione della tripla A, anche perché i parametri finanziari dell’area euro, considerati nel suo complesso, sono molto buoni: rapporto debito/PIL all’88%, rapporto tra deficit annuo e PIL al 4% (negli Stati Uniti sono rispettivamente 98% e 10%, in Gran Bretagna 83% e 8,5%).

Le grandi dimensioni del mercato dell’eurobond, inoltre, renderebbero molto difficile, se non impossibile, attacchi speculativi: la quantità di denaro per influenzare sensibilmente i titoli sarebbe fuori dalla portata degli speculatori.

Secondo gli ideatori, inoltre, il tasso di interesse di questi nuovi bond, ovvero il guadagno da promettere agli investitori per ottenere in prestito i soldi, sarebbe anche inferiore della media dei tassi di interesse dei singoli stati membri. Attualmente, la media sarebbe del 4,41% circa: più del 3% a cui è abituata la Germania ma meno del 6% italiano (e spagnolo). I paesi in difficoltà, quindi, avrebbero un grande vantaggio economico, dovendo spendere molto meno, in futuro, per pagare gli interessi.

Dal punto di vista politico, infine, la coesione e la solidarietà tra i paesi europei uscirebbe sicuramente rafforzata da questo nuovo legame tra le politiche economiche degli stati.

Non stupisce che i paesi più favorevoli all’eurobond siano quelli colpiti dalla crisi dei mercati, in primo luogo l’Italia, ma anche Spagna, Grecia e Portogallo. Anche il Lussemburgo, nonostante il suo rating AAA, appoggia l’iniziativa, così come parte delle istituzioni comunitarie, tra cui il potente Commissario europeo agli affari economici e monetari, Olli Rehn.

Gli svantaggi
Il rovescio della medaglia è che altri paesi dovrebbero pagare di più: e in primo luogo la Germania, che secondo alcuni studi pagherebbe circa 33 miliardi di euro in più all’anno, per pagare la sua parte di interessi di un ipotetico bond europeo al 4,4%. Il primo ministro tedesco Angela Merkel è infatti fermamente contraria alla proposta, così come la Francia e gli altri paesi che hanno già un rating AAA. L’opinione pubblica tedesca, scottata dall’esperienza della costosissima riunificazione con la Germania orientale, è molto contraria all’idea di dover pagare anche per la scarsa capacità di tenere i conti in ordine di altri paesi, ma anche all’interno della stessa CDU della Merkel e tra gli industriali tedeschi ci sarebbero sostenitori dei benefici di una maggiore integrazione economica europea.

Con gli eurobond, secondo i critici, mancherebbe inoltre un incentivo a “rigare dritto” per i paesi meno virtuosi, visto che i singoli governi nazionali verrebbero meno responsabilizzati. Chi propone gli eurobond risponde che si potrebbe tenere una parte di debito nazionale da finanziare con titoli dei singoli governi, come succede adesso. La soglia potrebbe essere proprio il 60% del PIL stabilito dagli accordi di Maastricht. Se uno stato volesse indebitarsi oltre quella cifra, non potrebbe più ricorrere agli eurobond, e dovrebbe offrire titoli “nazionali”.

Un’ultima precisazione
Il termine eurobond, in realtà, era già presente in economia con un significato differente: ovvero uno strumento finanziario diffuso a partire dagli anni Sessanta e costituito da un’obbligazione emessa in un determinato paese, ma nella valuta di un paese differente. Londra è uno dei centri principali del mercato di questi eurobond, che cambiano il nome a seconda della valuta in cui sono emessi: euroyen, eurodollari eccetera.

foto: PATRIK STOLLARZ/AFP/Getty Images