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  • Mercoledì 17 agosto 2011

Il Senegal è pronto per la rivoluzione?

Slate Afrique spiega perché dopo gli scontri di giugno non è successo più nulla per fermare il governo e il presidente Wade

Men protesting proposed changes to the constitution gesture to police as they attempt to gather to demonstrate near the National Assembly, in central Dakar, Senegal Thursday, June 23, 2011. Police fired tear gas on thousands of protestors demonstrating Thursday morning against a proposed law that critics said could benefit Senegal's longtime leader President Abdoulaye Wade, and his family. (AP Photo/Rebecca Blackwell)
Men protesting proposed changes to the constitution gesture to police as they attempt to gather to demonstrate near the National Assembly, in central Dakar, Senegal Thursday, June 23, 2011. Police fired tear gas on thousands of protestors demonstrating Thursday morning against a proposed law that critics said could benefit Senegal's longtime leader President Abdoulaye Wade, and his family. (AP Photo/Rebecca Blackwell)

Lo scorso giugno, il presidente senegalese Abdoulaye Wade, ha annunciato una riforma Costituzionale per modificare il sistema elettorale. Con la riforma, Wade voleva ridurre i voti necessari per essere rieletto e aprirsi la via per il terzo mandato alle presidenziali del 2012. L’annuncio è stato seguito da violente proteste per le strade di Dakar, culminate nella giornata del 23 giugno con il coinvolgimento della polizia, intervenuta con gas lacrimogeni e pallottole di gomma per disperdere la folla.

In seguito agli scontri alcuni avevano cominciato a parlare di rivoluzione, battezzando quella senegalese la «Rivoluzione delle noccioline», convinti che anche il Senegal fosse pronto per una rivolta della società civile contro un presidente accusato di derive autoritarie.

Nei giorni immediatamente successivi al 23 giugno, a Dakar si sono diffuse voci prive di fondamento su tentativi di fuga dal paese di Wade e suo figlio. Le voci hanno diffuso un senso di instabilità del potere che ha incoraggiato l’organizzazione di nuove manifestazioni e proteste. Wade ha deciso di annullare la riforma costituzionale, e la situazione a Dakar si è poi normalizzata.

Un mese dopo, però, il regime ha deciso di contrattaccare. Per il 23 luglio, un mese esatto dopo le proteste, sono state convocate a Dakar due manifestazioni. Una delle due raccoglieva i sostenitori del presidente. Wade doveva tenere un comizio e aveva preparato un discorso aggressivo contro l’opposizione; aveva anche affittato delle auto e dei pullman e organizzato un servizio di trasporto per portare tutti i suoi sostenitori a Dakar.

L’altra manifestazione riuniva gli oppositori del regime. Inizialmente avevano previsto di manifestare in Place de L’indépendance, nel cuore della capitale, ma le autorità hanno proibito loro di raccogliersi nella piazza obbligandoli a scegliere un altro posto. Tra gli oppositori c’era chi reclamava la deposizione immediata di Wade, e chi invece voleva soltanto che gli fosse impedito di ripresentarsi alle presidenziali del 2012. Secondo questi ultimi, una sua nuova candidatura sarebbe incostituzionale, perché supererebbe il limite dei due mandati.

La mattina presto del 23 a Dakar c’era molta tensione. Gli abitanti temevano scontri e violenze. Invece non è successo nulla, le manifestazioni si sono svolte in modo pacifico senza particolari disordini.

Pierre Cherruau di Slate Afrique ha cercato di ricostruire le cause che hanno portato ai primi scontri per capire poi perché il 23 luglio non sia successo niente; ha quindi intervistato alcuni ragazzi di Dakar nei giorni successivi alle manifestazioni per capire come si distribuiscono le preferenze politiche tra i giovani senegalesi.

Io sento di appartenere all’opposizione, ma mi hanno dato 5000 franchi CFA (circa 8 euro) per assistere al discorso di Wade, e allora ho partecipato alla manifestazione in suo sostegno. Cosa dovevo fare? Ho bisogno di soldi

È stata la spiegazione di uno studente che vive nella periferia di Dakar. Un altro racconta di essere stato incaricato del pagamento dei manifestanti, e che la promessa dei 5000 franchi CFA ha attirato molte persone dalle periferie verso la manifestazione in sostegno di Wade. Un altro ancora riconosce che Wade è troppo vecchio per ripresentarsi nel 2012, ma sta comunque dalla sua parte perché, spiega, non ha scelta:

Non ho un lavoro fisso. Prendo soldi dove li trovo. Per il momento sto con Wade, mi adatto.

Cherreau, in chiusura al suo articolo, nota che anche se tra i giovani di Dakar prevale un senso di stanchezza e di ostilità per il regime di Wade, non c’è nessun uomo politico che raccolga l’unanimità dei consensi, quando si parla di chi potrebbe sostituire l’attuale presidente. In assoluto, racconta Cherreau, i giovani senegalesi non mostrano alcuna fiducia per la classe politica senegalese e sembrano disinteressarsi alle vicende politiche del paese, perché “non ne vale la pena”:

Non faremo come gli Ivoriani, non ci faremo uccidere nelle strade per degli uomini politici. Non vale veramente la pena di rischiare la propria vita per quella gente. La maggior parte di loro pratica la “transumanza”. Un giorno nell’opposizione, il giorno dopo con il potere. Si spostano dove vedono che c’è da mangiare.

(AP Photo/Rebecca Blackwell)