Ripartire dalla manovra

Il direttore del Corriere della Sera affronta la crisi con un editoriale tutto politico sulle responsabilità di un governo squalificato, ma chiede collaborazione all'opposizione

A pedestrian walks past a sign displaying foreign currency symbols outside a financial institution in Hong Kong on July 10, 2011. Asian stock markets were mostly higher on July 8 after strong US jobs figures stoked hopes that the recovery in the world's number one economy is back on track. AFP PHOTO / Antony DICKSON (Photo credit should read ANTONY DICKSON/AFP/Getty Images)
A pedestrian walks past a sign displaying foreign currency symbols outside a financial institution in Hong Kong on July 10, 2011. Asian stock markets were mostly higher on July 8 after strong US jobs figures stoked hopes that the recovery in the world's number one economy is back on track. AFP PHOTO / Antony DICKSON (Photo credit should read ANTONY DICKSON/AFP/Getty Images)

Sulla prima pagina del Corriere della Sera di oggi è un editoriale del direttore ad affrontare la crisi dei mercati italiana, con toni molto severi sulle responsabilità della politica: «Quello che è accaduto rende ridicola e preoccupante la litania dei distinguo e delle promesse di togliere questo o quell’aspetto della manovra per compiacere fette di elettorato o clientele. E ancora più incomprensibili la decisione di rinviare alla prossima legislatura il taglio dei costi della politica e l’anacronistica difesa delle Province. La crisi dei mercati espone nella sua drammaticità tutta la perdita di immagine di un esecutivo diviso da teatrali rivalità interne e indebolito dalle inchieste della magistratura».

La manovra economica non c’è ancora, ma parte rilevante dei suoi ipotetici benefici è già stata bruciata. In un giorno. È questa l’amara sintesi di quello che è accaduto ieri sui mercati. La differenza, lo spread, fra il rendimento dei nostri Btp e i Bund è al record storico. I primi, sulla scadenza decennale, rendono il 5,7 per cento contro il 2,65 degli analoghi titoli tedeschi. Che cosa significa? Semplice: dobbiamo promettere di più, concedendo un premio maggiore al rischio, a chi ci presta i soldi. Il nostro debito, il 119 per cento del Pil, cioè superiore a quanto produciamo in beni e servizi ogni anno, va continuamente rifinanziato. La media mensile delle emissioni lorde di titoli sfiora i 40 miliardi. Nel 2010 gli interessi pagati sul debito sono stati pari al 4,5 per cento del Pil, ovvero 70 miliardi, e oggi sono intorno al 5. Lo spread con i Bund era di 245 punti base venerdì, ieri ha toccato i 305. Tanto per dare un’idea: cento punti significano 3,2 miliardi di maggiori interessi per l’anno in corso e 6,4 per il prossimo. Quello che è accaduto rende ridicola e preoccupante la litania dei distinguo e delle promesse di togliere questo o quell’aspetto della manovra per compiacere fette di elettorato o clientele.

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(ANTONY DICKSON/AFP/Getty Images)