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  • Giovedì 7 luglio 2011

La Casa Bianca chiede il rinvio di una condanna a morte

L'esecuzione di un cittadino messicano in Texas mette in imbarazzo gli Stati Uniti, che non rispettarono un trattato internazionale

La Casa Bianca sta facendo pressioni perché sia rinviata l’esecuzione di un cittadino messicano in Texas, dando al Congresso il tempo necessario per varare una nuova legge sul trattamento dei cittadini stranieri accusati di gravi crimini negli Stati Uniti ed evitare di esporre il paese a critiche ed eventuali sanzioni internazionali.

Humberto Leal Garcia Jr. è stato condannato a metà anni Novanta alla pena capitale con l’accusa di aver stuprato e ucciso una ragazzina di 16 anni: la somministrazione dell’iniezione letale è prevista per oggi alle sei del pomeriggio in Texas (l’una di notte in Italia). Leal ora ha 38 anni e all’epoca del processo fu difeso da un legale d’ufficio, nominato dal tribunale che doveva giudicarlo, ma non fu mai informato sui propri diritti previsti dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari. Il trattato delle Nazioni Unite prevede che ai cittadini stranieri accusati di gravi crimini sia concesso di consultarsi con rappresentati diplomatici dei loro paesi, così da avere maggiori garanzie e tutele nel corso dei procedimenti giudiziari.

Nel 2004 la Corte Internazionale di Giustizia, il principale organo giudiziario dell’ONU, invitò gli Stati Uniti a rivedere i casi di 51 cittadini messicani in attesa di esecuzione che non avevano potuto godere delle tutele previste dalla Convenzione. L’ammonimento era arrivato in seguito alla decisione del Messico di citare in giudizio presso la Corte gli Stati Uniti a nome dei 51 condannati, Leal compreso. Ne seguì un caso giudiziario complesso che coinvolse la Corte Suprema e la Casa Bianca, all’epoca guidata da George W. Bush. Nel 2008 la Corte Suprema stabilì che la decisione della Corte Internazionale di Giustizia di rivedere i 51 casi non era sostenuta da una legge specifica negli Stati Uniti e non poteva quindi avere valore nelle legislazioni dei singoli stati, dove non sono previste le revisioni dei casi per i condannati a morte. Nel 2009 la Corte Internazionale di Giustizia stabilì che gli Stati Uniti avevano violato il trattato.

La Casa Bianca ora ha chiesto alla Corte Suprema di rimandare l’esecuzione per evitare nuovi attriti con la Corte Internazionale di Giustizia, sostenendo che il mancato rinvio potrebbe condizionare «rapporti diplomatici di primissimo piano». L’ambasciatore messicano negli Stati Uniti, Arturo Sarukhan, ha chiesto la sospensione della pena, ricordando che Leal non ebbe la possibilità di essere rappresentato da un altro legale durante il processo.

Martedì scorso il Texas Board of Pardons and Paroles, la commissione che si occupa di valutare le richieste per la grazia o il rilascio dei prigionieri, si è espressa contro la richiesta di Leal di un rinvio dell’esecuzione della condanna a morte. La Corte Suprema potrebbe decidere di non intervenire nel merito, scelta che porterebbe inevitabilmente all’uccisione del condannato salvo un intervento in extremis del governatore del Texas, il repubblicano Rick Perry, che potrebbe concedere un rinvio di trenta giorni dell’esecuzione. Una portavoce del governatore ha però confermato che al momento Perry non avrebbe alcuna intenzione di rimandare l’iniezione letale per Leal prevista per questa sera. In Texas le esecuzioni sono frequenti e il sistema giudiziario è spesso accusato di trattare con eccessiva leggerezza le condanne.

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