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  • Domenica 12 giugno 2011

La vittoria a metà di Erdoğan

Il partito del premier turco vince ma non ottiene la maggioranza per cambiare da solo la Costituzione

Turkish people walk past Turkish Prime Minister Tayyip Erdogan's election campaign poster in Istanbul on June 11, 2011. Turkey will hold parliamentary elections on June 12. AFP PHOTO/BULENT KILIC (Photo credit should read BULENT KILIC/AFP/Getty Images)
Turkish people walk past Turkish Prime Minister Tayyip Erdogan's election campaign poster in Istanbul on June 11, 2011. Turkey will hold parliamentary elections on June 12. AFP PHOTO/BULENT KILIC (Photo credit should read BULENT KILIC/AFP/Getty Images)

19.50 Col novanta per cento delle schede scrutinate, il partito di Erdoğan si conferma in testa con il 51 per cento e con 326 seggi.

Aggiornamento ore 19.20 Quando il 75 per cento delle schede è stato scrutinato, il partito di Erdoğan è in testa con il 51 per cento dei voti, che gli permetterebbe di ottenere 328 seggi in Parlamento. Seguono il CHP con il 25 per cento dei voti e poi i nazionalisti del MHP con il 13 per cento. Nessun altro partito ha superato lo sbarramento fissato al 10 per cento. Se i risultati fossero questi, Erdoğan non avrebbe né la maggioranza dei due terzi per cambiare unilateralmente la Costituzione né i 331 seggi necessari per cambiarla da solo sottoponendola poi a referendum.

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Si sono aperti i seggi in Turchia, dove oggi si vota per il rinnovo dei 550 seggi del Parlamento. Si vota con una legge elettorale modificata di recente per venire incontro alle richieste dell’Unione Europea, con la quale la Turchia ha in piedi un lungo e complesso negoziato in vista di un possibile ingresso nell’Unione. L’età per essere eletti in Parlamento è stata abbassata da 30 a 25 anni e sono state introdotte una serie di misure a garanzia della trasparenza e della sicurezza delle operazioni di voto e di scrutinio.

Quindici partiti partecipano a queste elezioni. Il favorito è quello di centrodestra che fa riferimento al presidente uscente, Recep Tayyp Erdoğan, che cerca un terzo mandato. Il premier ha ringiovanito e rinnovato le liste elettorali del proprio partito, confermando solo 146 deputati uscenti su 333. La vittoria del partito di Erdoğan – l’AKP, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo – non è in discussione: la crescita verticale dell’economia turca negli ultimi anni ha rafforzato la posizione del governo e i recenti orientamenti anti-israeliani ne hanno allargato i consensi nei ceti popolari del Paese.

L’attesa quindi è rivolta prevalentemente alle dimensioni della vittoria di Erdoğan: se il suo partito dovesse ottenere almeno 331 seggi, infatti, nella prossima legislatura potrebbe modificare la Costituzione senza la necessità di trovare un accordo con l’opposizione. Erdoğan ha detto che in ogni caso il suo governo si impegnerà a coinvolgere l’opposizione nella scrittura di un nuovo testo costituzionale, che probabilmente darà alla Turchia un sistema semi-presidenziale. In questo modo Erdoğan potrebbe cercare altri due mandati da presidente, e la sua persistenza ai vertici del governo turco – unita agli arresti di alcuni giornalisti e alla prossima introduzione di filtri per Internet – preoccupa chi pensa che una sua nuova larga vittoria possa condurre a una deriva autoritaria del suo governo.

Il principale partito di opposizione è il CHP, di orientamento repubblicano e kemalista, in riferimento all’uomo considerato il padre della repubblica turca, Mustafa Kemal Atatürk. Il suo leader, Kemal Kılıçdaroğlu, ha tentato in questi mesi di modificare l’immagine del suo partito, storicamente legata alla vicinanza con l’esercito turco, garante della laicità del paese, schierandolo su posizioni più canonicamente socialdemocratiche. Gli ultimi sondaggi attribuiscono al CHP una quota di consensi tra il 25 e il 30 per cento.

foto: BULENT KILIC/AFP/Getty Images