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  • Martedì 7 giugno 2011

Itabolario: Batterio (1881)

Massimo Arcangeli ha raccolto 150 storie dell'Italia unita, una per ogni anno: Itabolario. L'Italia unita in 150 parole (Carocci editore)

di Marco Paciucci

1881. Batterio (s. m.)

Sulle pagine della prestigiosa “Rassegna di opere filosofiche, scientifiche e letterarie” il biologo e botanico pugliese Orazio Comes, per riferirsi ai microorganismi unicellulari di natura vegetale oggi noti anche come schizomiceti, impiega per la prima volta in italiano il termine batterio, nella grafia latineggiante bacterio (Comes, 1881, p. 13). I batteri erano stati osservati per la prima volta nel 1676 dal naturalista olandese Antonie van Leeuwenhoek, che non aveva tuttavia dato ai nuovi organismi un nome specifico ma, intuitane la natura vivente sulla base della loro facoltà motoria, li aveva denominati genericamente animalcula. Soltanto nel 1838 il naturalista tedesco Christian Gottfried Ehrenberg, nel trattato Die Infusionstirchen als volkommene Organismen, aveva coniato il lat. BACTERIUM (subito affiancato dall’adattamento tedesco Bakterie), ispirandosi al gr. βακτήριου (bastoncino) sulla base della forma prevalente della maggior parte degli organismi osservati (cfr. Migliorini, 1974, p. 36).

La forma aveva avuto un rapido successo: già dal 1845 si può trovare traccia del fr. bactérie (TLF, s. v.), di genere femminile. Qualche anno più tardi un processo etimologico analogo aveva ispirato la creazione di BACILLUM (diminutivo del lat. baculum “bastone”), coniato nel 1872 dal botanico tedesco Ferdinand Cohn per distinguere una particolare categoria morfologica di microorganismi vegetali all’interno della più vasta categoria dei batteri, e precisamente quegli organismi che si presentano propriamente a forma di bastoncino (i batteri, invece, possono assumere anche forma sferica o arcuata). Le due parole penetrano in italiano più o meno negli stessi anni (la prima attestazione di bacillo è del 1887: DELI, 1999, s. v.) e, per almeno un quarto di secolo, verranno spesso confuse ed erroneamente considerate sinonime (Migliorini, 1974, p. 35; cfr. DM, 1905, s. v. bacillo: «Bacillo […]. Per la etimologia e pel senso, pari a bacterio, vedi questa parola con cui forma doppione»). Ciò che però colpisce maggiormente, nel caso di batterio, è il forte ritardo con il quale la forma scientifica viene accolta nel contesto italiano: quasi cinquant’anni dopo il primo impiego da parte di Ehrenberg. Una situazione inconsueta che si può forse spiegare con il parziale mutamento semantico di BACTERIUM a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento, come diretta conseguenza del progresso delle ricerche su quelle oggi note come malattie infettive. In principio, infatti, i batteri non sembrano interessare patologie umane; solo successivamente essi vengono messi definitivamente in relazione con l’insorgere di infezioni e gravi malattie, grazie soprattutto agli studi di Louis Pasteur e di Robert Koch fra gli anni sessanta e ottanta del XIX secolo: nel 1864 il primo dimostra l’efficacia della sterilizzazione nella lotta contro le infezioni, mentre risalgono rispettivamente al 1882 la scoperta da parte di Koch del batterio responsabile di una malattia diffusa e tristemente nota come la tubercolosi (Mycrobacterium tubercolosis, o appunto bacillo di Koch) e al 1884 l’enunciazione dei postulati di Koch, sulla base dei quali si può stabilire se un microorganismo è responsabile o meno di un determinato morbo. Da questo periodo in poi batterio diventa definitivamente sinonimo di agente patogeno per l’uomo, e la scarsa igiene che gli permette di proliferare comincia a essere condannata anche dall’opinione pubblica (che in precedenza ne aveva sostanzialmente
ignorato l’importanza).

Con buona probabilità, dunque, la fama della parola diviene abbastanza grande da motivare un adattamento lessicale soltanto dopo il riconoscimento di un legame sicuro con la propagazione di terribili malattie, tale da suscitare un forte e diffuso interesse. Anche il DEI (s. v. batterio) sembra avallare l’importanza delle ricerche sugli agenti patogeni per la diffusione del termine («vc. dotta, creata nel 1838 da Eherenberg, internaz. dopo le scoperte di Pasteur tra il 1853 e il 1860»). Una tesi che pare inoltre confermata dal fatto che le primissime attestazioni di batterio (e di bacillo) sono da collegarsi proprio con l’insorgere di malattie e praticamente mai con il suo originario valore di vox media: «Il prof. Cantani a Napoli ha testé scoperto, e replicatamente sperimentato e luminosamente dimostrato che bacillo vince e scaccia bacillo… Attenzione! Introduco il batterio termo della putrefazione nei polmoni di persona tisica…» (G. Faldella, Madonna di fuoco e Madonna di neve, 1888); «A Carlino piaceva solamente l’idea degli arazzi perché ne aveva dei superbi, del Cinquecento, che a villa Diedo non poteva collocare. Però i suoi arazzi avevano da esser diventati seminari di batteri! C’era da prendere un malanno del secolo decimosesto!» (A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno, 1901).

Bibliografia:
– COMES O. (1881), Il protoplasma dei bacterii, in “Rassegna critica di opere filosofiche,
scientifiche e letterarie”, I, pp. 13-40.
– DEI (1950-57) = C. Battisti, G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, 5 voll., Barbèra, Firenze.
– DELI (1999) = M. Cortelazzo, P. Zolli, Il nuovo Etimologico. DELI. Dizionario etimologico della lingua italiana, a cura di M. Cortelazzo e M. A. Cortelazzo, Bologna, Zanichelli (2a ed.).
– DM (1905) = A. Panzini, Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari italiani […], Hoepli, Milano (1a ed.).
– MIGLIORINI B. (1974), Onomaturgia, in “Lingua nostra”, XXXV, pp. 32-7.
– TLF (1971-94) = Trésor de la langue française. Dictionnaire de la langue du XIXe et du XXe siècle (1789-1960), publié sous la direction de P. Imbs, 16 voll., Éditions du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris.