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  • Mercoledì 25 maggio 2011

Come funziona la guerra in Libia

È gestita da Napoli e Bologna, e non sarà una cosa breve, spiega il New York Times

Sky over Tripoli, Libya, is illuminated by explosions during an airstrike, early Tuesday, May 24, 2011. NATO warplanes were repeatedly hitting Tripoli early Tuesday in what appears to be the heaviest night of bombing of the Libyan capital since the start of the air campaign against Moammar Gadhafi's forces. (AP Photo/Darko Bandic)
Sky over Tripoli, Libya, is illuminated by explosions during an airstrike, early Tuesday, May 24, 2011. NATO warplanes were repeatedly hitting Tripoli early Tuesday in what appears to be the heaviest night of bombing of the Libyan capital since the start of the air campaign against Moammar Gadhafi's forces. (AP Photo/Darko Bandic)

Sono passati i due mesi di guerra in Libia e i responsabili delle forze alleate sostengono di avere superato le difficoltà iniziali di «un’operazione gravata dall’inesperienza della NATO nel condurre una complessa guerra aerea contro obiettivi in movimento e dalle mediocri comunicazioni con le compagini dei ribelli», spiega oggi il New York Times. «La confusione ha procurato almeno due bombardamenti errati che hanno ucciso oltre una decina di ribelli».

Nuovi bombardamenti sono avvenuti stanotte, seguendo una catena di direttive che parte da ordini politici a Bruxelles, passa attraverso due comandi militari in Italia (a Napoli e vicino Bologna) e raggiunge gli aerei Mirage della NATO. L’intensità degli attacchi sta crescendo, ma gli alleati non hanno sufficienti aerei da ricognizione per identificare gli obiettivi e aerei da rifornimento per consentire ai caccia missioni più lunghe, ha detto al New York Time un responsabile diplomatico della NATO.

Almeno una decina di elicotteri in più saranno mandati da Francia e Gran Bretagna. «I fronti dei combattimenti sono difficili da individuare e sono molto sparpagliati», ha spiegato il colonnello Kjoeller che comanda quattro aerei F-16 danesi che conducono otto missioni al giorno dalla base di Sigonella. Manca un contatto sul territorio per aiutare a coordinare le 50 missioni che la NATO conduce ogni notte: i dati arrivano in parte dalla CIA e in parte da informazioni dei ribelli, ma soprattutto da quelle che arrivano da droni, satelliti e anche dai media.

Gli obiettivi sono centri di comando militari a Tripoli – come quelli colpiti martedì notte – o postazioni lanciamissili mobili. Ma anche navi nei porti, carri armati e postazioni di artiglieria, fino a camion equipaggiati con armi pesanti. Priorità degli obiettivi, orari delle missioni e dettagli relativi a ogni missione sono decisi nei due centri di comando in Italia, di solito progettando le missioni nelle 96 ore precedenti e decidendole 24 ore prima. Una volta che gli aerei sono armati e spediti in missione cominciano le comunicazioni rispetto agli obiettivi, come quella citata dall’inviato del New York Times su uno degli aerei rispetto a veicoli sospetti vicino all’aeroporto di Misurata.

«Ci sono tre grossi camion», comunica il pilota.

«Sono fermi o in movimento? Vedi armi?», chiede il controllo.

«Non sono in grado di identificarli come veicoli armati», risponde il pilota, aggiungendo che le nuvole gli impediscono una visuale più esatta. E il comando rinuncia all’attacco. Due ore più tardi, un altro Mirage è inviato invece sul porto di Sirte dove scarica due bombe: una manca una nave di poco, l’altra la centra.

Secondo il comandante delle forze NATO Samuel J. Locklear, di base a Napoli, le missioni hanno ottenuto ampiamente lo scopo di proteggere i civili dalle repressioni di Gheddafi, e molto indebolito le sue forze militari. Ma la sua resistenza, aggiunge Locklear, non potrà essere vinta rapidamente senza una pressione politica ed economica maggiore, in assenza della quale «l’offensiva militare può durare ancora molto».

(AP Photo/Darko Bandic)