Anche il tasto “Mi piace” si fa i fatti nostri

Una nuova inchiesta del Wall Street Journal trova altri dati che consegniamo a Facebook

Ogni giorno milioni di lettori di pagine web cliccano sui pulsanti “Mi piace” (o “Condividi”, o “Consiglia”) e “Tweet” per condividere i contenuti con i loro amici e con i loro contatti sui social network (li abbiamo anche noi sul Post e li trovate in testa e in coda a ogni nostro articolo). Il sistema è molto semplice e immediato, ma – secondo l’ultimo di una lunga serie di articoli del Wall Street Journal sulla privacy online – le soluzioni per condividere articoli e altri documenti consentono a società come Facebook e Twitter di tracciare le attività degli utenti e raccogliere informazioni sui siti web che visitano.

Questi tasti, solitamente chiamati “social widget”, esistono da tempo: ma sono esplosi come fenomeno circa un anno fa, quando Facebook ha deciso di offrire a chi amministra i siti la possibilità di inserire il tasto “Mi piace”, che consente agli utenti di esprimere la loro preferenza per un articolo e di farla comparire automaticamente anche nel loro profilo sul social network. Il tasto di Facebook appare ormai su un terzo dei mille siti più visitati del Web, il tasto di Twitter su un quinto di quei siti e quello di Google su un quarto.

Stando a quanto riferisce il Wall Street Journal, quei tasti raccolgono informazioni sulle tue visite online e li inviano poi al social network che li gestisce. Facebook e Twitter “sanno” quando stai visitando un certo sito web, anche se non hai cliccato sul tasto “Mi piace” o “Tweet”.

Perché questo sistema funzioni, è sufficiente che una persona abbia fatto il login a Facebook o Twitter una volta nell’ultimo mese. I siti continuano a raccogliere i dati sulla navigazione, anche se il browser viene chiuso e riaperto o se il computer viene riavviato, fino a quando la persona in questione non decide di uscire dal proprio account di Facebook o di Twitter.

Interpellate dagli autori dell’inchiesta, le società coinvolte hanno escluso che i dati raccolti vengano utilizzati per tracciare gli utenti e hanno ricordato che le informazioni vengono utilizzate in forma anonima e aggregata. Facebook, per esempio, dice di utilizzare le informazioni per scopi pubblicitari, ma solamente quando l’utente clicca sul “Mi piace”. I dati vengono conservati per 90 giorni e poi vengono cancellati, mentre Google dice di rimuovere le informazioni ogni due settimane. Entrambe le società hanno spiegato al WSJ di utilizzare quel tipo di dati per valutare l’andamento dei loro widget e per aiutare gli editori dei siti ad attrarre un maggior numero di visite. Un portavoce di Twitter ha spiegato che il social network non usa quel tipo di informazioni e che le elimina “rapidamente”.

Insieme all’esperto informatico Brian Kennish, già impiegato presso Google, i giornalisti del Wall Street Journal hanno esaminato i 1000 siti più popolari del Web secondo le classifiche di Google. Il lavoro ha consentito di analizzare circa 200 milioni di pagine e ha dato risultati che confermano le percentuali di utilizzo dei tasti sui siti in rete: Facebook ottiene informazioni sulla navigazione degli utenti da 331 di quei siti, Google da 250 e Twitter da circa 200.

foto di Ksayer1