«Quando abbiamo saputo che erano tutti vivi, tutti»

Racconti e testimonianze da Lampedusa, dove 500 migranti sono stati salvati in mare da forze dell'ordine e semplici volontari

L’edizione palermitana di Repubblica oggi ha molti racconti e testimonianze riguardo quanto accaduto la notte scorsa a Lampedusa, quando un barcone proveniente dalla Libia si è incagliato e decine di persone, tra forze dell’ordine e semplici cittadini, si sono gettati in acqua per salvare le oltre 500 persone che ospitava, tra cui molte donne e bambini.

L’ultima tragedia mancata è tutta nelle parole strozzate in gola di chi l’ha vissuta. Giuseppe Casuccio, 48 anni, appuntato scelto della Guardia di finanza: “Spostavo la barra a destra e a sinistra, ma il timone era impazzito, il barcone andava per i fatti suoi. Vedevo gli scogli avvicinarsi, non ho avuto altra scelta, ho lasciato la marcia ingranata e ho aspettato l’impatto, ma sapevo che l’elica in movimento ci avrebbe in qualche modo “ancorati” evitando che la barca si rovesciasse. Poi è successo il finimondo”. Giuseppe Marotta, 30 anni, sottocapo dei sommozzatori della Guardia costiera: “Non potrò mai più dimenticare gli occhi di quei bambini, alcuni di pochi mesi, che mi venivano lanciati dal barcone. Quando li staccavano dalle braccia del padre o della madre iniziavano a gridare o a piangere dalla paura e a me venivano i brividi”.

Marco Persi, tenente della Guardia di Finanza: “Abbiamo creato una catena umana d’emergenza e mano nella mano abbiamo cominciato a salvare uno ad uno i migranti sul barcone. Solo le grida dei colleghi che ci dicevano “stanno finendo, stanno finendo” ci hanno dato la forza di tirarli fuori. E quando abbiamo saputo che erano tutti vivi, tutti, è stato uno dei momenti più belli della nostra vita”.

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