Come far cambiare idea a un complottista

I "birthers" non si faranno ammansire dal certificato di Obama: bisogna dar loro una mano

Maintenance man David Lee of Arvada, Colo., puts the finishing touches on a sign featuring drawings of President Barack Obama for a sales lot for pre-owned vehicles along Interstate 70 in the northwest Denver suburb of Wheat Ridge, Colo., on Friday, Nov. 20, 2009. The billboard, completed by an artist Thursday, shows a grinning cartoonish Obama wearing a turban. The billboard says, "PRESIDENT or JIHAD?" Underneath the picture is a yellow square with the phrase, "BIRTH CERTIFICATE PROVE IT." (AP Photo/David Zalubowski)
Maintenance man David Lee of Arvada, Colo., puts the finishing touches on a sign featuring drawings of President Barack Obama for a sales lot for pre-owned vehicles along Interstate 70 in the northwest Denver suburb of Wheat Ridge, Colo., on Friday, Nov. 20, 2009. The billboard, completed by an artist Thursday, shows a grinning cartoonish Obama wearing a turban. The billboard says, "PRESIDENT or JIHAD?" Underneath the picture is a yellow square with the phrase, "BIRTH CERTIFICATE PROVE IT." (AP Photo/David Zalubowski)

Nonostante ieri sia stata diffusa la versione integrale del certificato di nascita di Barack Obama, nonostante l’assenza evidente di qualsiasi prova a sostegno della teoria secondo cui sarebbe nato in Kenya, uno zoccolo duro di ardenti repubblicani, quelli che vengono chiamati “birthers”, resterà convinto che il proprio presidente non sia nato negli Stati Uniti. La rivista online Fast Company prova a spiegare come siano inutili le prove concrete per sovvertire questa ostinata convinzione e suggerisce un approccio più sottile ispirato al progetto Cultural Cognition curato dai ricercatori dell’università di Yale.

Gli psicologi studiano da tempo il meccanismo per cui gli scettici rafforzano le loro teorie cospirazioniste di fronte a prove evidenti che le negano.

La considerazione sarà familiare a chiunque abbia avuto a che fare con complottismi e dietrologie implausibili. L’articolo di Fast Company segue lo studio dividendo i conservatori cospirazionisti in due categorie da affrontare in modo diverso: da un lato ci sono gli individualisti, che vedono il governo come una forza contraria alla libertà di gestirsi in autonomia la propria vita e, soprattutto, i propri soldi, dall’altro gli autoritaristi, che preferiscono riconoscere gerarchie e poteri forti (prevalentemente in ambito militare). In entrambi i casi il problema risiede nel fatto che l’ego e l’affermazione di sé, uniti a quelli che vengono ritenuti i propri valori più alti, supererà sempre un’opinione sostenuta da fatti concreti: l’unica possibilità di annullare convinzioni di questo genere è dare modo alle persone in questione di uscire da una situazione scomoda salvando faccia e integrità morale. Aggirando la loro insicurezza invece che prendendola di petto.

Per quelli che lo YCC chiama “individualisti” è strategicamente importante puntare sulla competizione e sottolineare l’inettitudine del governo. Esempio: «Il timore che ha Obama di perdere le presidenziali del 2010 l’ha costretto infine a mostrare il suo certificato di nascita, ma è solo l’ennesima dimostrazione che il governo non riesce a fare nulla puntualmente».

Gli “autoritaristi”, come si diceva, sono più propensi al riconoscimento delle gerarchie e questo dà la possibilità di fare leva sulle ripercussioni sociali della teoria del complotto.

Per questo gruppo può essere più furbo giocarsi il fatto che almeno un soldato americano ha rifiutato di obbedire agli ordini perché convinto che fossero ordini delegati da un presidente illegittimo. Il ragionamento può essere impostato in questo modo: «Finché Obama non ha mostrato il certificato di nascita, ha permesso che la sua autorità venisse messa in dubbio dai soldati. Ora che l’organo esecutivo ha rilasciato il documento, possiamo finalmente concentrarci sulla difesa della nostra nazione».
Costringere alle dimissioni un leader americano è un concetto profondamente rivoluzionario, che ogni autoritarista rifiuterebbe di fronte alla consapevolezza di due guerre in corso.

Riassumendo: è inutile contrapporre argomenti razionali a una convinzione irrazionale, perché una volta che la convinzione si è esposta non è più disposta ad ammettere la verità (ad “accettare lezioni”, direbbe il direttore del Post). Scrive Leon Festinger, leggenda degli studi psicologici: «Un uomo con una convinzione non è facile da cambiare. Digli che non sei d’accordo e si girerà dall’altra parte. Mostragli i fatti e metterà in dubbio le tue fonti. Usa la logica e rifiuterà di seguire il tuo ragionamento». L’unica è girarci intorno.

foto: AP Photo/David Zalubowski