Gentile signora Gabanelli

Matteo Bordone riprova a spiegare cosa non andava nella puntata di Report su Internet

Domenica Report ha dedicato una sua inchiesta alla Rete e ai social network, raccogliendo qualche apprezzamento in meno del solito e parecchie critiche, da parte di chi ha ritenuto superficiale e allarmista – se non addirittura errato, in certi passaggi – il servizio di Stefania Rimini. Milena Gabanelli ieri ha spiegato all’Unità che le semplificazioni nascevano dalla volontà di parlare a un pubblico vasto, che non conosce approfonditamente le dinamiche della Rete. Oggi Matteo Bordone scrive su Wired una garbata lettera a Milena Gabanelli nel tentativo di spiegare cosa a suo parere non andava in quell’inchiesta.

Gentile Signora Gabanelli,

per prima cose le devo dire che io la seguo e ammiro da quando, mille anni fa, vidi un servizio in onda su RAI3 che raccontava la vita di un barbone che si lavava a una fontanella. Era dentro a un piccolo programma, era fatto a mano, con le telecamerine, da giovani giornalisti indipendenti, ed era del tutto privo del peso, della collosità, dell’ampollosità ufficiale dei colleghi RAI. Era un programma fresco, agile, umile e tenace. Da allora, Report è cresciuto fino a diventare una istituzione. Io ho visto moltissime puntate, più o meno belle, ma il suo programma resta uno dei pochi per cui sono stato e sto a casa la sera della messa in onda. Ricordo ancora quando, mentre la Destra vi accusava di essere anti-capitalisti e anti-americani, avete realizzato una serie intera di confronti tra i servizi pubblici italiani e statunitensi. Ma non stiamo qui a ricordare. Report funziona, e bene, da sempre. Lo sanno tutti.

Certo, Report, come tutte le cose del mondo reale, non è perfetto. Capita che certi servizi funzionino meno di altri, ci mancherebbe altro. Nessuno di noi è sempre allo stesso livello, e pochissimi raggiungeranno mai la qualità e la rilevanza del suo programma, men che meno passando per la coriacea difesa della propria identità sulla groppa di un mastodonte infingardo come la RAI.

In risposta a chi, come me, ha criticato la sua puntata di ieri, ieri mattina lei ha rilasciato un’intervista all’Unità in cui sostiene che il problema della rete, e dei suoi utenti che hanno criticato il servizio Il prodotto sei tu di Stefania Rimini, stia nella ristrettezza di vedute, nello sguardo ombelicale. «Mi guarda anche la signora Cesira», ha detto. E poi ha spiegato che Report ha dovuto rendere comprensibile a tutti, e quindi fornire di un taglio divulgativo, ciò che molti degli spettatori non frequentano e non conoscono per niente.

Io capisco tutto, Milena, davvero, e sono soprattutto d’accordo sul fatto che la puntata sia quella, sia venuta così, e amen. Perché anche «e amen» nella vita ogni tanto ci vuole. Assumersi le responsabilità e andare avanti è meglio che stare lì a menarla per secoli narcisisticamente. «Viver è melhor que soñar» cantava Elis Regina. E aveva ragione.

Ma per favore, Milena, non mi dica che quel servizio non aveva un orientamento, perché non è vero. E non mi dica nemmeno che, a partire da una conoscenza approfondita dell’argomento, Stefania Rimini ha fatto un lavoro di semplificazione divulgativa, perché non è vero nemmeno quello.

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