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  • Lunedì 11 aprile 2011

Krugman critica Obama

All'economista americano non piace la tendenza di Obama a fare compromessi coi suoi avversari

Dr Paul Krugman, 2008 Nobel Laureate, speaks at a press conference held by the Securities and Futures Commission (SFC) in Hong Kong on May 22, 2009. Krugman was speaking on the economy at a media event to celebrate 20 years of the SFC. AFP PHOTO/MIKE CLARKE (Photo credit should read MIKE CLARKE/AFP/Getty Images)
Dr Paul Krugman, 2008 Nobel Laureate, speaks at a press conference held by the Securities and Futures Commission (SFC) in Hong Kong on May 22, 2009. Krugman was speaking on the economy at a media event to celebrate 20 years of the SFC. AFP PHOTO/MIKE CLARKE (Photo credit should read MIKE CLARKE/AFP/Getty Images)

Paul Krugman, economista liberal, premio Nobel per l’economia nel 2008 ed editorialista del New York Times, critica il presidente statunitense Obama ormai stabilmente, dall’inizio della sua presidenza. Il pacchetto di stimolo all’economia, la prima grossa decisione dell’amministrazione Obama, sarebbe stato troppo piccolo; la riforma sanitaria troppo poco ambiziosa rispetto a quanto promesso in campagna elettorale; la riforma finanziaria non abbastanza incisiva; l’estensione dei tagli fiscali promossi dall’amministrazione Bush inopportuna; ora è il turno dell’accordo sul budget sottoscritto con i democratici e i repubblicani del Congresso, nell’editoriale pubblicato oggi dal New York Times.

Krugman sa qual è la principale obiezione che si può muovere al suo intervento, e quindi la anticipa. “Mi rendo conto che con i repubblicani che controllano la Camera, non c’è molto che Obama potesse fare concretamente per ottenere un accordo migliore. Gli è rimasto il suo pulpito illustre, però non lo sta usando – anzi, lo sta usando per sostenere la narrativa imposta dai suoi avversari”. Krugman sostiene che anche se l’accordo raggiunto fosse il miglior accordo possibile, in queste circostanze, Obama non avrebbe dovuto vantarsene. Non avrebbe dovuto vantarsi del “più grande taglio annuale alla spesa nella nostra storia”, visto che “tagliare il budget quando la disoccupazione è alta rallenta la crescita, aumenta la disoccupazione e non è una buona idea”. Barack Obama non la pensa così, e più volte ha detto che la ripresa economica passa necessariamente per la riduzione del debito pubblico (che è anche un tema molto caro agli elettori indipendenti, il cui consenso è indispensabile alla sua rielezione). Ma secondo Krugman il problema è più vasto.

Obama non sta nemmeno provando a sfidare la filosofia che domina il dibattito a Washington, quella secondo cui i poveri devono accettare i tagli al programma Medicaid e al welfare, la classe media deve accettare i tagli al programma Medicare, e le imprese e i ricchi devono accettare i tagli alle tasse che dovrebbero pagare. Sacrifici condivisi!

Cosa succede? Nonostante l’opposizione feroce che ha dovuto affrontare fin dal suo insediamento, Obama continua a pensarsi come una figura capace di ergersi al di sopra delle differenze partitiche. I suoi strateghi pensano che possa ottenere la rielezioni posizionandosi come un leader conciliante e ragionevole, sempre pronto a trovare un compromesso. Secondo me, invece, il Paese vuole – e ne ha bisogno, soprattutto – un presidente che crede in qualcosa ed è pronto a prendere posizione. E non è quello che stiamo vedendo.

foto: MIKE CLARKE/AFP/Getty Images