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  • Giovedì 24 marzo 2011

La NATO non c’è

Niente accordo: Sarkozy non si fida e vuole un "consiglio di regia" degli stati in guerra contro Gheddafi

U.S. troops parachute out of a C-17 plane flying over Maniago, near the NATO airbase of Aviano, Italy, during an exercise, Tuesday, March 22, 2011. An American fighter jet crashed over North African country, both crew ejecting safely. The U.S. Africa Command said both crewmembers were safe after what was believed to be a mechanical failure of the Air Force F-15. The aircraft, based out of Royal Air Force Lakenheath, England, was flying out of Italy's Aviano Air Base in support of Operation Odyssey Dawn. (AP Photo/Luca Bruno)
U.S. troops parachute out of a C-17 plane flying over Maniago, near the NATO airbase of Aviano, Italy, during an exercise, Tuesday, March 22, 2011. An American fighter jet crashed over North African country, both crew ejecting safely. The U.S. Africa Command said both crewmembers were safe after what was believed to be a mechanical failure of the Air Force F-15. The aircraft, based out of Royal Air Force Lakenheath, England, was flying out of Italy's Aviano Air Base in support of Operation Odyssey Dawn. (AP Photo/Luca Bruno)

Se l’operazione militare per far rispettare la risoluzione ONU in Libia non era stata ancora messa sotto il comando della NATO qualche ragione c’era, e l’idea che bastasse parlarne 24 ore per ottenerlo era evidentemente un po’ precipitosa. Malgrado gli annunci seguiti alle contestazioni di alcuni stati (prima l’Italia), la riunione di ieri degli ambasciatori NATO non ha trovato un accordo in questo senso e l’unica operazione che è stata a oggi affidata alla NATO è quella del coordinamento del blocco navale intorno alle coste libiche.

Così la guerra in Libia (chiamatela guerra, lo è), mentre ottiene i suoi primi concreti risultati militari indebolendo la repressione di Gheddafi nei confronti dei libici ribelli, resta impantanata nei disaccordi diplomatici nati subito dopo il suo avvio. Gli argomenti del confronto sono i mezzi di applicazione della famosa formula della risoluzione “con ogni mezzo necessario” e il comando “politico” delle operazioni. La Francia, seguita meno aggressivamente da Gran Bretagna e USA, chiede che proseguano i bombardamenti contro tutte le forze militari di Gheddafi a terra, per impedire e annullare gli attacchi contro gli insorti e la popolazione, e vuole mantenere un ruolo decisionale degli stati sulla strategia. Altri stati vogliono che ci si limiti a far rispettare la no-fly zone o che la NATO gestisca in toto le operazioni, mentre la Turchia mantiene le sue resistenze generali ad affidare anche il comando militare alla NATO, non volendo essere coinvolta nei combattimenti (ha però accettato di partecipare alla missione per il rispetto del blocco navale).

Ma il problema maggiore sembra essere la pretesa di Nicolas Sarkozy di rimanere protagonista di questa operazione politica, complice la posizione più defilata mantenuta in questo caso dagli Stati Uniti, dove Barack Obama ha dei problemi di consenso sull’intervento. E di certo l’iniziativa della Francia, di concerto con la Gran Bretagna, è servita a interrompere una drammatica e violenta rimonta di Gheddafi, che un attimo prima stava dicendo ai libici ribelli che li avrebbe schiacciati “casa per casa”. Adesso però la legittima perplessità sull’efficienza di un’operazione completamente affidata ai comandi NATO rischia di complicare le cose sul piano più delicato, quello della legittimazione internazionale dell’intervento.