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  • Martedì 22 marzo 2011

Facebook in carcere

Nella Carolina del Sud vogliono rendere illegale l'aggiornamento dei profili sui social network delle persone detenute

Nelle prigioni degli Stati Uniti capita che molti detenuti ottengano di nascosto telefoni cellulari per comunicare con l’esterno: a volte li usano semplicemente per mantenere i contatti con i propri familiari, spesso però li utilizzano per organizzare le attività criminali dall’interno del carcere. I direttori di alcuni penitenziari hanno deciso di far schermare le celle e ora una nuova proposta di legge, presentata nella Carolina del Sud, potrebbe rendere illegale la pratica dell’aggiornamento dei profili di Facebook dal carcere tramite telefono cellulare.

La proposta è stata presentata dal deputato democratico Wendell Gilliard, convinto che grazie al nuovo divieto potrebbero diminuire i casi di carcerati che gestiscono attività criminali durante la prigionia o che inviano minacce alle vittime che li hanno fatti arrestare e condannare. La nuova norma farebbe aumentare automaticamente di trenta giorni la pena detentiva per chi utilizza i social network attraverso i cellulari, che nelle carceri sono vietati. La legge propone anche di istituire un divieto per la pubblicazione di pagine a sostegno dei detenuti da parte di altre persone. Questo passaggio della proposta, dicono gli esperti, difficilmente sarà applicato perché è in contrasto con il diritto alla libertà di parola garantito dalle leggi statunitensi.

«Sappiamo che i criminali dietro le sbarre usano questi strumenti come metodo di intimidazione. Le vite delle persone sono in pericolo. Inviano messaggi in codice attraverso i social network. Come possiamo starcene qui senza fare nulla?» ha spiegato Gilliard alla Associated Press.

Ai detenuti è concesso di scambiare la corrispondenza con le persone al di fuori del carcere, ma i loro messaggi di posta vengono controllati a campione per evitare che organizzino altri crimini dalla prigione. Nei penitenziari federali le regole sono spesso più restrittive, specialmente sulla corrispondenza tramite posta elettronica. I destinatari dei messaggi, per esempio, devono dare anticipatamente il loro consenso e dichiarare di essere interessati a scambiarsi messaggi con il detenuto che li vuole contattare.

L’utilizzo di telefoni cellulari e smartphone, introdotti illegalmente nelle prigioni, ha reso più difficile il controllo della corrispondenza dei detenuti. In alcuni casi l’utilizzo dei social network è palese: ci sono aggiornamenti di stato, messaggi sulle bacheche e commenti sui profili degli altri che testimoniano l’utilizzo non consentito dei cellulari. In altri casi, invece, la pratica è meno evidente e chi aggiorna i social network usa nomi fasulli e messaggi in codice per non essere identificato.

La proposta di Gilliard ha raccolto molti consensi nella Carolina del Sud ed è sostenuta anche dal presidente della Camera dello Stato, un repubblicano. Nonostante il sostegno di molti deputati, non è ancora chiaro se la legge avrà i numeri per essere approvata. Proposte di legge simili, ma tese a rendere più difficile l’uso dei cellulari in carcere, sono naufragate nel corso degli ultimi anni a causa della loro incompatibilità con la Costituzione.