Perché il Bahrein è importante

L'intervento dell'esercito saudita in Bahrein sta allargando il conflitto nel Golfo Persico

di Elena Favilli

Come era nell’aria da alcuni giorni, l’intervento dell’esercito saudita in Bahrein ha allargato le dimensioni della protesta, trasformando il piccolo arcipelago in un pericolosissimo terreno di scontro tra le potenze del Golfo Persico. Oggi migliaia di sciiti hanno protestato in Iran e in Kuwait contro la dura repressione messa in atto dalla monarchia degli al-Khalifa contro la maggioranza sciita della popolazione. Il Bahrein è governato da una monarchia di religione sunnita da oltre due secoli, ma il 70 per cento della popolazione è sciita e denuncia da sempre continue discriminazioni e ingiustizie.

L’Arabia Saudita ha seguito molto da vicino le proteste dell’ultimo mese in Bahrein, temendo che la maggioranza sciita potesse mettere in crisi la minoranza sunnita al potere e aprire la strada a un’influenza dell’Iran sull’arcipelago. Il Bahrein è collegato all’Arabia Saudita da una superstrada sul mare e Riyadh teme il contagio nella propria provincia nordorientale, dove si concentra il 10% della produzione mondiale di greggio e vive, anche lì perseguitata, una minoranza sciita che sarebbe rinvigorita da una vittoria dell’opposizione in Bahrein.

Le proteste in Bahrein vanno avanti da più di un mese. Dopo i violenti scontri iniziali, il governo aveva annunciato l’apertura di un dialogo con le forze di opposizione e promesso alcune riforme. Il principe ereditario del Bahrein, Salman bin Hamad Al Khalifa, aveva ordinato il ritiro dei carri armati e dei soldati da piazza della Perla, la principale roccaforte della rivolta contro il governo, e le proteste erano riprese indisturbate per alcuni giorni. E il re aveva subito subito elargito quasi duemila euro a famiglia per tentare di placare la rivolta. Ma le proteste si sono intensificate sull’onda dei successi della popolazione in Tunisia e in Egitto e con l’intervento saudita degli ultimi giorni hanno ormai assunto una dimensione transnazionale.

Il Bahrein non può vantare la ricchezza dei vicini sauditi, dei qatarini e degli Emirati: le riserve petrolifere sono quasi esaurite e gli introiti provengono principalmente da un pozzo saudita il cui greggio è venduto per conto della famiglia al-Khalifa. La disoccupazione giovanile sfiora il 20 percento ma il governo continua a importare manodopera di etnia sunnita nel tentativo di fare da contrappeso alla maggioranza sciita, che ora vuole che queste persone tornino a essere cittadini solo del loro paese di origine. Il rischio, come spiega il New York Times, è che a questo punto le proteste possano portare a un conflitto sciita-sunnita su più vasta scala.

Le tensioni tra sciiti e sunniti stanno crescendo in Libano e pericolosamente in Iraq. Sono endemiche in Yemen e nel confine meridionale dell’Arabia Saudita. Spostandosi verso est, l’Iran sta fronteggiando una ribellione sunnita nella regione del Baluch, e Tehran non si è fatto molti problemi a dipingere gli eventi in Bahrein come una repressione etnica a cui gli sciiti si devono opporre. Gli stessi conflitti tra sciiti e sunniti in Afghanistan non sono ancora del tutto a posto. E al di là del confine col Pakistan, gruppi militanti sunniti continuano a compiere atti di violenza contro i loro connazionali sciiti.

Almeno sei leader dell’opposizione sono stati arrestati oggi a Manama, mentre continuano gli scontri tra manifestanti e polizia.