Cosa succede in Arabia Saudita

Una manifestazione contro la monarchia è stata fissata per l'11 marzo, le strade sono piene di poliziotti

** FOR STORY ARABIA SAUDI-FATWAS ** FILE - In this March 24, 2009 file photo, King Abdullah bin Abdul Aziz al-Saud of Saudi Arabia, waves to members of the Saudi Shura "consultative" council in Riyadh, Saudi Arabia. King Abdullah is moving to regain control over an abundance of fatwas. Under a royal decree issued in mid-August 2010, only clerics on the government-appointed panel may issue the fatwas that answer every question of how pious Saudis should live their lives. (AP Photo/Hassan Ammar, File)
** FOR STORY ARABIA SAUDI-FATWAS ** FILE - In this March 24, 2009 file photo, King Abdullah bin Abdul Aziz al-Saud of Saudi Arabia, waves to members of the Saudi Shura "consultative" council in Riyadh, Saudi Arabia. King Abdullah is moving to regain control over an abundance of fatwas. Under a royal decree issued in mid-August 2010, only clerics on the government-appointed panel may issue the fatwas that answer every question of how pious Saudis should live their lives. (AP Photo/Hassan Ammar, File)

L’Arabia Saudita ha proibito le proteste che alcuni attivisti – soprattutto sciiti – hanno annunciato per la prossima settimana. Il governo ha schierato 10mila agenti di sicurezza nelle province nordorientali del paese, a maggioranza sciita, con il compito di prendere tutte le misure necessarie per impedire i disordini. Le proteste sono state organizzate soprattutto su Facebook e sono fissate per l’11 marzo. Inizialmente chiamato “Il giorno della rabbia”, il giorno di protesta è stato poi ribattezzato la “Rivoluzione di Hunayn”, in riferimento alla città saudita in cui le truppe guidate dal profeta Maometto sconfissero un esercito composto di tribù pagane nel 630 dC.

L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta: non ha un parlamento eletto, non ci sono partiti e il dissenso pubblico è quasi del tutto proibito. Il paese è guidato da re Abdullah, che ha 86 anni, si trova in uno stato di salute precario e fonda la sua legittimità sul consenso dei chierici wahabiti – sunniti – che rifiutano qualsiasi dialogo con le autorità sciite. I motivi di scontento nel paese sono molteplici. Gli sciiti abitano nelle regioni più ricche di petrolio ma sono oppressi dal governo e chiedono maggiori diritti e libertà religiosa. Nonostante le grandi risorse del paese, gran parte della popolazione vive in stato di povertà: il tasso di disoccupazione – soprattutto giovanile – è altissimo, non ci sono abbastanza case, gli stipendi sono molto bassi.

I manifestanti chiedono di poter eleggere dei rappresentanti al governo, maggiore libertà per le donne e la liberazione dei prigionieri politici. Il principe Al-Waleed – membro della famiglia reale, uno degli uomini più ricchi al mondo – ha scritto un articolo sul New York Times in cui ribadisce la necessità di “maggiore partecipazione politica, maggiore responsabilità e trasparenza, e del rafforzamento del ruolo delle donne e dei giovani” e sostiene che “bisogna risolvere al più presto problemi come la povertà, l’analfabetismo, l’educazione e la disoccupazione”.

La scorsa settimana re Abdullah ha cercato di prevenire le proteste annunciando un investimento di 36 miliardi di dollari per migliorare lo stato sociale. Verrà istituito un fondo per i giovani disoccupati, uno per l’acquisto delle case, e uno per compensare l’aumento dell’inflazione. I dipendenti statali riceveranno un aumento salariale del 15 per cento. Il re ha anche concesso l’amnistia ad alcune persone condannate per crimini finanziari. Il governo però non ha fatto nessun accenno alle riforme politiche richieste dagli oppositori del governo. Domenica scorsa ci sono state delle proteste nella città di Hofuf e Qatif, che si trovano nelle zone orientiali a maggioranza sciita.