La scuola è cambiata

Il responsabile scuola del PD lombardo obietta alla "duttile opinione" di Luca Sofri su scuola pubblica e privata

di Marco Campione

Ieri Luca Sofri (il peraltro direttore del Post) ha pubblicato sul suo blog una “duttile opinione” sui finanziamenti alle scuole private, che ha creato un grande dibattito nei commenti al post. Tra i molti consensi, c’è stato anche però un competente dissenso non sulle conclusioni del post ma sui suoi presupposti, da parte del responsabile scuola del PD della Lombardia, Marco Campione.

Caro Luca, ho letto il tuo post sulle paritarie. Io penso che la tua visione di scuola che tu chiami “privata” poteva andare bene fino alla fine degli anni novanta del secolo scorso. Poi però sono arrivate l’autonomia scolastica e la legge di parità e hanno cambiato le cose. Quando si dice che la scuola non statale è anch’essa pubblica non lo si fa per un vezzo o un capriccio o ancor peggio per un espediente dialettico, ma per sancire il fatto che esiste un prima e un dopo. E lo spartiacque si chiama legge di parità, voluta dal centrosinistra.

Da quando esiste la parità scolastica il sistema pubblico di istruzione è formato da soggetti statali, comunali, non statali laici e non statali confessionali. Cambia quindi la missione della paritaria: non più (uso le tue parole) consentire “a chi non li ritenga soddisfacenti ed esaurienti di scegliere servizi scolastici alternativi riconosciuti dallo Stato”, ma svolgere lo stesso identico servizio cambiando solo il gestore. Anzi, in realtà anche il concetto di “identico servizio” è mendace, perché si riferisce solo al fatto che si fa scuola in entrambi i luoghi, ma per fortuna oggi si fa scuola in modi molto diversi anche se prendiamo in considerazione esclusivamente scuole a gestione statale. Con l’autonomia scolastica anche le scuole statali non sono più tutte uguali a se stesse: tieni presente che nelle superiori (dove peraltro le non statali praticamente non esistono) la quota di autonomia (ore di curricolo scelte dalle singole scuole) arriva al 40% del totale. Dunque l’utenza sceglie non per trovare un servizio a suo avviso migliore, ma per trovare un servizio diverso con in più – nel caso della non statale – un gestore diverso (che per le scuole confessionali ha ovviamente un significato particolare).

Vedi l’errore è proprio pensare che esista una questione di “diritti presunti della scuola privata”. Questo lo pensano Berlusconi e i Cristiano Riformisti. Tu dirai: ma allora la libertà di scegliere scuole dove i docenti non inculchino nulla? Una stupidaggine. La scuola di Stato non esiste e quello di Berlusconi ha rappresentato il più grande attacco mai fatto fino ad ora contro la parità scolastica, ancor più ideologico di quello dei peggiori critici “da sinistra” della parità stessa. Non a caso sia Bertone che le associazioni che rappresentano le scuole non statali (una delle più importanti, Diesse, è arrivata su Avvenire a definire l’intervento del Presidente del Consiglio “un attacco ingiusto e improduttivo”) si sono distinti dal Premier.

Quanto alla questione economica e della presunta distrazione di fondi dalla scuola statale a quella non statale, forse sarebbe meglio parlare di cose statisticamente significative. Come ho scritto in un recente articolo, al quale rimando per gli approfondimenti, parliamo di 20 milioni di euro per le scuole superiori, praticamente lo 0,025% di quanto spende la Pubblica Amministrazione locale e centrale per l’istruzione. E per gli altri ordini di scuola? Per l’infanzia e la primaria (dove si ha un numero di paritarie analogo alle statali, grazie alle tante scuole comunali) il discorso è complesso perché spesso le paritarie svolgono una funzione di supplenza dello Stato. Si dirà “se il problema è questo, si costruiscano più scuole dell’infanzia statali”. Ma quanto costa uno studente che frequenta una scuola dell’infanzia non statale? Gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2006 e ci dicono che tale cifra è pari a 580 euro, ovvero un ordine di grandezza inferiore rispetto al costo per una scuola statale (5.828 Euro).

Vedi Luca, hai ragione: non è una questione di diritti presunti della scuola privata, ma di mero “scambio”: in un’analisi costi-benefici una legge di parità pienamente applicata, per i principi ai quali vincola le Paritarie, è preferibile a un disimpegno assoluto dello Stato. E ai miei amici di sinistra chiedo: perché insistere con la richiesta di abrogazione della legge di parità? Conduciamo piuttosto una seria battaglia perché sia pienamente applicata. Perché in ogni paritaria sia applicato il contratto nazionale, perché ogni disabile che chiede di iscrivervisi sia accolto. Io mi domando: perché contestare come lo Stato impiega 20 milioni di euro invece di combattere perché le scuole non statali siano realmente inclusive? Perché non combattere perché anche a una famiglia di un bambino con handicap sia consentito di mandare il proprio figlio alla Steineriana o dai Gesuiti? Piuttosto che la sua abrogazione, quindi, si chieda la piena applicazione della legge di parità. Piena applicazione fino alle sue estreme conseguenze: la revoca dello status di paritaria e dunque dei finanziamenti e del riconoscimento del Titolo. Questo sì che sarebbe di sinistra. E giusto.

Luca Sofri: Sulla scuola
Marco Campione: Dieci cose sulla scuola italiana