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  • Martedì 1 marzo 2011

La comunità internazionale si muove contro Gheddafi

Regno Unito e Stati Uniti iniziano a dare concretezza alle minacce nei confronti del regime

A wrecked car burns in the eastern Libyan city of Benghazi on February 28, 2011 as world powers ramped up the pressure on Moamer Kadhafi's regime and the United States urged the international community to work together on further steps to end bloodshed in Libya. AFP PHOTO/PATRICK BAZ (Photo credit should read PATRICK BAZ/AFP/Getty Images)
A wrecked car burns in the eastern Libyan city of Benghazi on February 28, 2011 as world powers ramped up the pressure on Moamer Kadhafi's regime and the United States urged the international community to work together on further steps to end bloodshed in Libya. AFP PHOTO/PATRICK BAZ (Photo credit should read PATRICK BAZ/AFP/Getty Images)

La comunità internazionale sta iniziando a dare qualche concretezza alle minacce fatte negli ultimi giorni al regime di Gheddafi per indurlo a fermare le violenze. Gli Stati Uniti hanno schierato attorno al paese delle navi e degli aerei da guerra che potrebbero venire usati per missioni sanitarie e di soccorso, stando a quel che ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton durante un incontro del Consiglio per i diritti umani dell’ONU. Clinton ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione «tutte le opzioni possibili, nessuna esclusa, finché il governo libico continua a minacciare e uccidere i suoi cittadini. Con le sue azioni il governo ha perso legittimità. E la gente della Libia lo ha detto molto chiaramente: è ora che Gheddafi se ne vada, senza ulteriore violenza o ritardi».

Il premier britannico David Cameron ha ordinato dei piani di emergenza per prepararsi alla disposizione di una no-fly zone, da realizzare su coordinamento della Nato. La no fly-zone impedirebbe ai soldati fedeli al dittatore e ai mercenari di sparare alle persone dagli elicotteri, come hanno fatto ripetutamente dall’inizio delle rivolte. Cameron ha avanzato la possibilità di un coinvolgimento militare britannico: «Non escludiamo in nessun modo l’impiego di mezzi militari, non possiamo tollerare che il regime usi la forza contro i suoi stessi cittadini». Inoltre, il Regno Unito sta prendendo in considerazione l’idea di armare le forze di opposizione del regime, così che possano difendersi dagli attacchi dei mercenari e dei sostenitori di Gheddafi.

Nel frattempo gli Stati Uniti hanno congelato 30 milioni di dollari di beni riconducibili al regime e ai suoi funzionari, mentre la Francia ha inviato due aerei pieni di materiale umanitario e sanitario a Bengasi, la prima grande città del paese a liberarsi dalla dittatura. Le forze armate potrebbero venire impiegate anche per proteggere eventuali corridoi umanitari, che verrebbero istituiti per portare cibo e medicine in Libia attraverso l’Egitto e la Tunisia, se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare. Le discussioni sulle opzioni militari sono iniziate la scorsa settimana al Pentagono, tra ufficiali britannici e statunitensi.  La Francia ha richiesto una riunione di emergenza dell’Unione Europea, che si incontrerà nei prossimi giorni a Bruxelles per discutere il da farsi.

In realtà un intervento militare non sembra così semplice da realizzare. Dovrebbe essere coordinato dalla Nato e soprattutto dovrebbe venire approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, cosa che non sembra molto probabile. La Russia e la Cina – che hanno potere di veto – hanno dichiarato la loro opposizione a qualsiasi intervento esterno. La Francia inoltre si è mostrata tiepida verso un coinvolgimento della Nato. Senza l’approvazione dell’ONU e il coinvolgimento della Nato, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna resterebbero soli e dovrebbero portare avanti un intervento senza l’appoggio delle forze internazionali, cosa che entrambi i paesi vorrebbero evitare.

Nel frattempo in tutta la giornata e la notte di ieri sono continuati gli scontri e le battaglie tra le forze fedeli a Gheddafi e gli oppositori del regime. Le truppe di Gheddafi hanno cercato di riprendersi la città di Zawiyah ma sono stati respinti dai ribelli. Verso le 4 di pomeriggio diversi jet delle forze aeree hanno bombaradato la città di Ajdabiya, 160 chilometri a sud di Bengasi. Anche la città di Misurata, che si trova lunga la costa occidentale del paese, è stata bombardata e mitragliata da diversi elicotteri. Alcuni ufficiali del nuovo consiglio ad interim di Bengasi sostengono che le forze leali al regime vogliono tagliare i rifornimenti d’acqua e di elettricità alle città liberate dell’est per poi attaccarle dall’alto con gli elicotteri. Gli scontri continuano anche a Tripoli. Alcuni medici hanno raccontato ad Al Jazeera che diversi soldati sostenitori di Gheddafi si sono schierati all’entrata degli ospedali della capitale. L’obiettivo non è quello di proteggere il personale sanitario bensì di infastidirlo e controllare che non vengano scattate foto o girati video ai cadaveri dei manifestanti. Per lo stesso motivo le guardie hanno sottratto alcuni cadaveri dagli ospedali all’insaputa di medici e parenti.

Ieri Gheddafi ha rilasciato un’intervista congiunta alla ABC e alla BBC, in cui ribadisce che «non ci sono affatto dimostrazioni nelle strade». Quando Jeremy Browen – l’intervistatore della BBC – gli ha detto di aver visto personalmente dei manifestanti nelle strade, Gheddafi gli ha chiesto «stavano manifestando per noi?». E ha aggiunto «La gente mi ama, tutto il popolo è con me, tutti mi amano. Morirebbe per proteggermi, il mio popolo».

foto: PATRICK BAZ/AFP/Getty Images