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  • Venerdì 25 febbraio 2011

L’Egitto inizia a prepararsi alle elezioni

Tra sei mesi si terranno le prime elezioni democratiche dopo oltre trent'anni

di Elena Favilli

Con la fine del regime di Hosni Mubarak, le forze di opposizione in Egitto si preparano a costituire nuovi raggruppamenti politici con cui partecipare a elezioni libere e democratiche per la prima volta dopo più di trent’anni. Nelle ultime settimane, molti analisti hanno iniziato a far notare che il termine previsto per le elezioni potrebbe essere troppo ravvicinato: sei mesi non sarebbero sufficienti per costituire nuove e solide forze di opposizione e il parlamento rischierebbe di finire frammentato in una miriade di piccoli raggruppamenti indipendenti, che favorirebbero soltanto l’affermarsi di forze politiche già consolidate.

I primi a beneficiare da questa possibilità sarebbero i controversi Fratelli Musulmani, profondamente radicati nella società egiziana, che hanno da poco annunciato la formazione di un loro partito politico, il Partito della Libertà e Giustizia. Nelle ultime settimane i vari leader della Fratellanza hanno cercato di rassicurare chi con loro teme il rischio di una islamizzazione dell’Egitto continuando a ripetere che parteciperanno soltanto alle elezioni parlamentari e che non presenteranno nessun candidato alle successive presidenziali. Ma è abbastanza chiaro che se le elezioni legislative dovessero sancire una loro netta affermazione in parlamento, questa posizione potrebbe cambiare rapidamente.

Molto dipenderà da quello che faranno le componenti più moderate della Fratellanza, alcune delle quali hanno già deciso che si staccheranno per presentarsi autonomamente alle elezioni con un loro partito. È il caso per esempio di Al Wasat, che sabato scorso è stato formalmente riconosciuto dal governo egiziano dopo più di quindici anni dalla sua costituzione. Ed è il caso della componente più giovane dei Fratelli Musulmani, che ha partecipato molto più attivamente all’organizzazione delle proteste di piazza Tahrir rispetto alla leadership tradizionale, e che nei giorni scorsi ha fatto sapere che si sta organizzando per presentare una propria formazione autonoma. Il Consiglio Militare finora ha evitato accuratamente di inserire rappresentanti dei Fratelli Musulmani all’interno del nuovo governo di transizione e anche il premier britannico David Cameron nella sua visita ufficiale di pochi giorni fa ha incontrato i leader dei vari movimenti d’opposizione a eccezione dei Fratelli Musulmani.

Anche sul fronte delle forze laiche resta da capire quali saranno gli schieramenti e le alleanze. L’incognita principale in questo momento rimane quella su ElBaradei, il premio Nobel per la pace che negli ultimi mesi è stata una delle voci più forti dell’opposizione al regime e che durante la fase finale delle proteste di piazza Tahrir sembrava pronto a candidarsi alla presidenza. Nelle ultime settimane invece la sua posizione è tornata a essere più cauta, con l’annuncio che il suo unico obiettivo sarebbe quello di «aiutare il mio paese nella fase di transizione da una dittatura oppressiva a uno stato democrativo e civile». Ci sono poi altri potenziali candidati, oltre a ElBaradei, anche se nessuno finora ha fatto ufficialmente un passo avanti.

Il Consiglio Militare ha cercato di assecondare le richieste di un governo di transizione più variegato inserendo altri membri dell’opposizione tra cui Yehia el-Gamal, Mounir Abdel Nour e Gowdat Abdel-Khaleq. Ma ha confermato al loro posto sia il primo ministro Ahmed Shafiq che il ministro degli Esteri Ahmed Abul Gheit, entrambi provenienti dal partito di Mubarak. Una scelta che non ha soddisfatto i manifestanti, che da questa mattina sono tornati in piazza Tahrir per chiedere un maggiore rinnovamento delle istituzioni e una svolta più radicale verso la democrazia. Nel frattempo il procuratore generale del Cairo ha incriminato ufficialmente l’ex ministro dell’Informazione, Anas el-Fiqi, e l’ex capo della televisione di stato, Osama el-Sheikh, accusati di corruzione e connivenza con il regime di Hosni Mubarak. L’ex ministro della Cultura, Faruk Hosni, l’ex ministro dell’Industria e del Commercio Rachid, Mohamed Rachid, l’ex ministro delle infrastrutture pubbliche, Ahmed al-Maghrabi, l’ex ministro degli Interni, Habib al-Adly, e l’ex ministro del Turismo, Zoheir Garranah, sono già stati formalmente incriminati nel corso degli ultimi giorni.