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  • Lunedì 21 febbraio 2011

Guida alle rivolte in Nordafrica e Medio Oriente

Il punto della situazione nei quindici paesi colpiti dalle manifestazioni antigovernative

Yemeni anti-government protesters chant slogans calling for the ouster of President Ali Abdullah Saleh during a demonstration in the capital Sanaa on February 21, 2011 as the veteran strongman, in power since 1978, said that only defeat at the ballot box will make him quit. AFP PHOTO/AHMAD GHARABLI (Photo credit should read AHMAD GHARABLI/AFP/Getty Images)
Yemeni anti-government protesters chant slogans calling for the ouster of President Ali Abdullah Saleh during a demonstration in the capital Sanaa on February 21, 2011 as the veteran strongman, in power since 1978, said that only defeat at the ballot box will make him quit. AFP PHOTO/AHMAD GHARABLI (Photo credit should read AHMAD GHARABLI/AFP/Getty Images)

Le rivolte sono cominciate alla fine del 2010, in Tunisia, quando alcune persone esasperate dalla povertà e dalle ingiustizie si sono date fuoco in piazza. In un mese e mezzo abbiamo assistito al crollo di due regimi trentennali – quello di Ben Ali in Tunisia e quello di Mubarak in Egitto – e alla diffusione di moti di protesta in altri tredici nazioni. Ecco, quindi, paese per paese, cosa sta succedendo in Medio Oriente e in Nordafrica.

Libia
Le proteste sono iniziate mercoledì scorso nel cosiddetto “giorno della rabbia“, quando una grossa protesta si è svolta contro il regime di Mu’ammar Gheddafi, al potere da 41 anni. La repressione da parte delle forze dell’ordine è stata violentissima: da mercoledì a domenica sono state uccise almeno 250 persone, e i feriti sono centinaia. La maggior parte degli scontri si sono verificati a Bengasi, la seconda città del paese; alcuni testimoni oculari hanno dichiarato alla CNN che i manifestanti hanno preso il controllo della città. Ieri sera il figlio di Gheddafi ha parlato in tv per smentire le voci su una fuga di suo padre e avvisare la popolazione del rischio di una “guerra civile” se le rivolte nel paese continuassero. Nel frattempo le proteste sono arrivate a Tripoli: da stamattina il palazzo del governo è in fiamme.

Bahrein
Dopo giorni di proteste e una sanguinosa repressione, da qualche giorno l’atteggiamento del governo sembra più tranquillo e collaborativo. Sabato l’erede al trono Salman bin Hamad al-Khalifa ha deciso di rimuovere buona parte delle truppe che presidiavano piazza della Perla, il luogo di raccolta dei manifestanti, che in migliaia si sono accampati nuovamente nella piazza e hanno ripreso a dimostrare contro il governo. Domenica il principe Salman ha inoltre invitato al dialogo: sette gruppi di opposizione si sono incontrati per decidere il da farsi. Al momento migliaia di persone si trovano in Piazza della Perla. Chiedono, tra le altre cose, un’indagine sulla morte delle dieci persone uccise durante le proteste e che venga fatta chiarezza sulla scomparsa di centinaia di persone in seguito all’irruzione della polizia in Piazza della Perla lo scorso martedì mattina. Le proteste in Bahrein sono iniziate lunedì scorso. I manifestanti chiedono riforme democratiche e la trasformazione del regno in una monarchia costituzionale.

Iran
In molte città del paese sono riprese le proteste antigovernative e gli scontri tra manifestanti e forze di polizia. Sembra che domenica la polizia abbia sparato nuovamente sulla folla, uccidendo una persona a Teheran e ferendone molte altre. Nella città di Isfahan i manifestanti sono stati picchiati con bastoni, mentre in una piazza vicina si svolgeva una manifestazione pacifica sorvegliata dalle forze dell’ordine. La CNN riporta che domenica circa duecento persone si sono riunite nella piazza centrale della città per protestare contro il governo, ma sono state disperse dalle forze di sicurezza. Secondo alcuni testimoni le proteste sarebbero ancora più grandi di quelle che la scorsa settimana hanno portato alla morte di due persone. Gli scontri sono iniziati lo scorso lunedì, quando migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade di Teheran ispirandosi esplicitamente a quanto accaduto in Tunisia e in Egitto.

Iraq
Ieri alcuni uomini a volto coperto hanno dato fuoco alla sede di  una televisione indipendente in Kurdistan. L’attacco è avvenuto mentre centinaia di persone manifestavano nella città di Sulaimaniya, nella regione curda dell’Iraq, in seguito agli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine nei giorni precedenti, che hanno causato un morto e 70 feriti. I manifestanti contestano il presidente del Kurdistan Massoud Barazani e il partito democratico del Kurdistan, che si trova al governo: chiedono la fine della corruzione, il miglioramento della qualità dei servizi di base, la costruzione di muove infrastrutture, e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Yemen
Le proteste sono iniziate il 27 gennaio ispirandosi esplicitamente a quanto accaduto in Tunisia. Migliaia di manifestanti hanno protestato nelle strade della capitale Sana’a contro il governo di Ali Abdullah Saleh, presidente del paese da oltre trent’anni. Dopo giorni di contestazioni, il presidente Saleh ha promesso ai manifestanti che non si sarebbe ricandidato nelle elezioni del 2013. Le proteste però non si sono placate, anzi gli oppositori del governo hanno continuato a protestare per chiedere le immediate dimissioni di Saleh. Da dieci giorni i manifestanti protestano senza sosta e spesso si sono verificati scontri piuttosto violenti tra sostenitori e oppositori del governo.


Algeria
A gennaio diverse centinaia di persone erano scese in piazza ad Algeri, protestando contro la repressione del governo, l’aumento dei prezzi e la disoccupazione. Nel tentativo di evitare un’ondata di protesta simile a quelle avvenute in Tunisia e in Egitto, il presidente Abdelaziz Bouteflika ha interrotto lo stato di emergenza in vigore nel paese da diciannove anni. La decisione non ha comunque placato i suoi oppositori che il giorno dopo le dimissioni del presidente egiziano Mubarak sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del presidente algerino. I manifestanti erano qualche migliaio, le forze dell’ordine trentamila; sono state arrestate circa 400 persone. Una nuova manifestazione si è svolta la scorsa settimana ma il corteo è stato contenuto dalle forze dell’ordine e per ora non sembra aver ottenuto grossi risultati.

Gibuti
Migliaia di persone hanno protestato contro il governo venerdì scorso. Le forze dell’ordine hanno caricato la folla dopo il richiamo alla preghiera, sparando gas lacrimogeni contro i dimostranti. I movimenti di opposizione chiedono al presidente Ismail Omar Guelleh – la cui famiglia è al potere dal 1977 – di dimettersi prima delle elezioni che si terranno in aprile.

Egitto
A una settimana dalle dimissioni di Mubarak, gli oppositori del regime hanno festeggiato il “giorno della vittoria” con una grande manifestazione in piazza Tahrir, epicentro delle rivolte. Mubarak si è dimesso l’11 febbraio dopo 18 giorno di proteste ininterrotte. L’esercito è al potere da quel momento:  ha deciso di sciogliere il parlamento, sospendere la costituzione e indire una commissione con il compito di elaborare una nuova costituzione, che sarà sottoposta a referendum. L’esercito resterà al governo fino a settembre, quando dovrebbero tenersi nuove elezioni. Sabato i leader del G20 si sono incontrati a Parigi e si sono impegnati a sostenere i nuovi governi dell’Egitto e della Tunisia.

Giordania
Le contestazioni sono iniziate a gennaio, quando diverse migliaia di persone hanno protestato contro la povertà, la disoccupazione e l’ascesa dei prezzi dei beni di prima necessità. I manifestanti, guidati dai sindacati e dai partiti di sinistra, chiedono le dimissioni del governo guidato dal primo ministro Samir Rifai. Un’altra richiesta è l’annullamento del trattato di pace con Israele. A febbraio il re di Giordania ha sciolto il governo del paese in seguito alle proteste, e ha dato mandato a un ex generale dell’esercito di formare un nuovo governo.

Kuwait
I manifestanti chiedono maggiori diritti per le persone che risiedono da lungo tempo in Kuwait e che non hanno la cittadinanza. Si stima che nel paese circa 100mila persone si trovino in questa condizione. Nei giorni scorsi centinaia di persone sono scese in piazza per protestare; il corteo di manifestanti ha attaccato le forze dell’ordine, che hanno poi cercato di disperdere la folla con gas lacrimogeno.

Sudan
Le ragioni della protesta sono l’operato del partito del Congresso e l’aumento dei prezzi imposto dal governo. Il 30 e 31 gennaio si sono svolte delle manifestazioni a Khartum che sono state represse piuttosto duramente: diverse persone sono state arrestate e venti sono attualmente disperse. Il presidente del Sudan, Omar al-Bashir, accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale, ha detto oggi che alle prossime elezioni non si ricandiderà. Il paese sta affrontando il delicato percorso di secessione dal sud del paese, sancito da un referendum poche settimane fa, e da qualche settimana sono riprese le violenze al confine.


Siria
In Siria le manifestazioni antigovernative sono state disinnescate dal regime. I gruppi di opposizione avevano indetto per sabato 4 febbraio e domenica 5 una grande manifestazione di protesta, facendo un largo uso dei social network per mobilitare persone e risorse. L’avevano chiamato “il giorno della rabbia”. Le strade di Damasco erano piene di polizia e forze di sicurezza, specie nelle vicinanze del Parlamento, dove i manifestanti avrebbero dovuto riunirsi. Ma non è arrivato quasi nessuno, stando a quanto racconta l’Associated Press: tanto che a un certo punto persino gli agenti di polizia hanno lasciato le strade. In una rara intervista al Wall Street Journal il Bashar al-Assad ha detto che le proteste delle ultime settimane in Egitto, Tunisia e Yemen stanno accompagnando il Medio Oriente in una «nuova epoca» e che i leader dei paesi arabi devono prepararsi a essere più accomodanti rispetto alle esigenze politiche ed economiche dei propri cittadini.

Tunisia
Dopo settimane di proteste, il 14 gennaio il presidente Zine El Abidine Ben Ali ha sciolto il governo e lasciato il paese. Il premier Mohamed Ghannouchi ha preso temporaneamente il suo posto, assicurando che governerà nel rispetto della costituzione e in collaborazione con tutti i partiti. Ghannouchi ha formato un governo di unità nazionale e ha annunciato che le elezioni si terranno tra sei mesi. Le proteste sono inziate il 17 dicembre dopo che un giovane venditore ambulante si era dato fuoco per contestare il sequestro della sua merce: dopo di lui almeno altre cinque persone si sono date fuoco.

Palestina
Giovedì centinaia di palestinesi hanno protestato nella capitale Ramallah chiedendo ai leader di Fatah, Hamas, e delle altre fazioni politiche palestinesi di sanare i loro contrasti in vista delle elezioni municipali di settembre. In segno di solidarietà con le proteste in Egitto, a febbraio era stata organizzata una manifestazione a Gaza, repressa da Hamas.

Marocco
Ieri migliaia di persone sono scese nelle strade a Rabat chiedendo una nuova costituzione. I manifestanti hanno chiesto al governo nuovi posti di lavoro, una riforma scolastica, migliori servizi sanitari e lotta all’aumento del costo della vita. Secondo gli organizzatori della marcia i manifestanti erano circa 5000, mentre secondo la polizia erano meno di tremila. Molti indossavano bandiere tunisine o egiziane, e marciavano al grido di slogan come “la gente riufiuta una costituzione fatta per gli schiavi”, “abbasso il regime”. Poliziotti in uniforme si tenevano a distanza, ma varie testimonianze parlano di poliziotti in borghese infiltrati tra la folla e muniti di bloc notes. Le proteste non erano rivolte contro il re ma contro il primo ministro Abbas El Fassi.

foto: AHMAD GHARABLI/AFP/Getty Images