Cos’è il giudice naturale

Perché Cicchitto e i difensori di Berlusconi imbrogliano sulla Costituzione

Commentando la decisione del gip di Milano di accordare la richiesta dei pm di processare Berlusconi con il rito immediato, il capogruppo del PdL alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha accusato i magistrati della procura di Milano di stare perseguitando il presidente del Consiglio per ragioni politiche, lamentando di nuovo il fatto che «Berlusconi viene sottratto al suo giudice naturale, che sarebbe il tribunale dei ministri».

Questa del “giudice naturale” è un’argomentazione che è tornata molte volte nei discorsi dei difensori di Berlusconi e in quelli dello stesso PresdelCons. La formula “giudice naturale” fa riferimento a uno dei principi basilari dello stato di diritto, che la Costituzione italiana cita nel primo comma dell’articolo 25.

Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Il principio alla base della norma è quello dell’imparzialità del giudice e della sua scelta. Si dice, in soldoni, che i giudici devono essere scelti in base a criteri oggettivi e non soggetti a nessuna ambiguità o discrezionalità. La norma garantisce che nessun cittadino possa essere perseguito da un organo appositamente dedicato dopo la commissione di un determinato fatto. Questo perché la legge deve indicare chiaramente i criteri di principio – di competenza, di valore, eccetera – in base ai quali si può predeterminare quale organo giudiziario è competente a valutare una certa questione. Il giudice naturale precostituito per legge è, quindi, il giudice competente secondo i criteri stabiliti dalla legge, ed è uno solo: non ci può essere scelta.

Berlusconi sostiene che il reato di cui è accusato sia di natura ministeriale, cioè commesso nell’esercizio delle proprie funzioni di presidente del Consiglio. Per questo, lui e i suoi difensori sostengono che il suo “giudice naturale” non sia il tribunale di Milano bensì il tribunale dei ministri. La Camera si è espressa dando ragione a Berlusconi, e sebbene il giudizio sulla ministerialità dei reati spetti in primo luogo ai pm, l’ultima sentenza in materia della Corte Costituzionale in materia dice che “all’organo parlamentare non può essere sottratta una propria, autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria, né tantomeno la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale”.

C’è un equivoco fondamentale, però, ed è quello che determina l’imbroglio operato da Cicchitto e da molti difensori di Berlusconi, nonché da Berlusconi stesso. Benché venga informalmente chiamato “tribunale dei ministri”, il collegio che si occupa dei reati ministeriali non ha funzioni giudicanti. Il tribunale dei ministri non ha a che fare col giudizio sull’eventuale reato: istruisce il processo. Ha il compito di condurre le indagini preliminari e poi, al loro termine, decidere se archiviare la pratica – se ritiene che si configurasse l’esercizio delle funzioni – o disporre il rinvio a giudizio. Nel secondo caso, gli atti tornano alla procura e il processo viene poi condotto da un tribunale ordinario: e lì si troverà il “giudice naturale”. Il tribunale dei ministri, quindi, non è affatto un “giudice”, e quindi non può essere il giudice naturale. Il “giudice naturale” di Berlusconi è quello competente per il reato che è accusato di aver commesso telefonando alla questura di Milano per far rilasciare Ruby: il tribunale di Milano.

foto: AP Photo/Geert Vanden Wijngaert